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Il progetto di zona

 
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Marm



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Residenza: Veneto

MessaggioInviato: Lunedì 04 Giugno 2012, 16:43    Oggetto: Il progetto di zona Rispondi citando

Nella mia zona è tempo di pensare al nuovo progetto, sabato e domenica scorsi ci siamo ritrovati (poco più della metà dei capi censiti in zona...) per verificare quello vecchio e per proporre le linee guida di quello nuovo.

Nel corso dell'assemblea c'è stato un intervento interessante, del quale vedrò di riportare qualche passaggio, ma c'è stato anche un botta e risposta molto concitato sulla bassa frequentazione delle riunioni di zona, ma sopratutto di una assemblea così importante come quella in corso, dove si iniziava a decidere gli argomenti di cui si sarebbe parlato in zona nei prossimi 3 anni.

Ma non è di questo che voglio discutere, il punto che mi preme al momento è un altro:

Citazione:
Un tema che viene spesso chiamato in causa nei progetti di zona è quello dello scouting, inteso come tecniche pratiche utili al capo per essere competente nei confronti dei ragazzi. Questo un po’ ci preoccupa perché si viene così a delineare una figura di capo che è capace si di fare le cose, ma non si coltiva come persona, e quindi non diventa un testimone vero e adulto nei confronti dei ragazzi. È un po’ come dire: “se so fare valgo come capo”, e così ci si libera dal “peso” della propria formazione personale, delle ricerca di percorsi di crescita individuale che richiedono tempo e fatica (e chi ne vuole spendere in questi tempi?)


Questo è un estratto del documento IL PROGETTO DI ZONA - Consiglio Regionale 5 febbraio 2012 disponibile a questo indirizzo della regione Veneto (il link diretto al documento è questo, tra l'altro vi si trova anche una riflessione interessante di Giovanna Chinellato).

Dunque, perché nelle riunioni di zona si parla di fede e di metodo, ma non si può parlare di scouting?
Perché mi devo sentir rispondere che in zona non se ne deve parlare perché se un capo sente di dover approfondire la pioneristica ci sono dei campi apposta? Come ci sono campetti per capi di pioneristica, così ce ne sono anche di aggiornamento e formazione metodologica e di fede, quindi il criterio non può essere che vi sono già i campetti di pioneristica, altrimenti neppure di fede e metodo si dovrebbe parlare.

E perché spetterebbe solo alla Co.Ca. valutare se un reparto è carente in tal senso? Se ritengo che vi sia un problema importante nell'interpretazione dello scouting nella mia zona (senza voler dire che il mio gruppo stia meglio, eh!) perché non dovrei chiedere che su questo argomento sia prevista una riflessione nel progetto di zona?

Beh, il pezzo della riflessione "regionale" l'ho citato perché sembra considerare lo scouting come una "scorciatoia" per non fare realmente cose serie e importanti in zona, invece le considerazioni che ho criticato qua sopra sono emerse nella mia zona nei giorni appena trascorsi, ma anche all'alba del precedente progetto di zona...
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elfo





Registrato: 05/03/07 11:40
Messaggi: 1399

MessaggioInviato: Lunedì 04 Giugno 2012, 18:03    Oggetto: Rispondi citando

A leggere certe cose si rimane allibiti. Il problema secondo me è che alcuni Capi AGESCI tendono ad essere troppo teorici, o per lo meno a separare troppo la teoria dalla pratica, il che nello Scautismo non è possibile, in quanto si tratta essenzialmente di un'attività pratica a tutti i livelli. Lo Scouting è parte del Metodo, e la competenza non può essere sminuita. Soprattutto non capisco perché chi cura la propria competenza tecnica non dovrebbe curare la propria crescita personale. Secondo me l'errore di fondo sta in questo assioma.
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franzos79





Registrato: 03/09/08 15:34
Messaggi: 324

MessaggioInviato: Lunedì 04 Giugno 2012, 22:19    Oggetto: Rispondi citando

BP a leggere certi documenti si rivolterebbe nella tomba.

BP diceva nel 1936 "Personalmente temo che vi sia il pericolo che un certo tipo di “scautismo sintetico” si insinui nella nostra formazione scout prendendovi il posto del prodotto naturale descritto in Scautismo per Ragazzi. Per “scautismo sintetico” intendo il fatto che il metodo scout venga oscurato ricoprendo interamente la forma originaria mediante una massa di regole e di manuali d’istruzione tendenti a trasformare in una scienza per il capo e in programma scolastico per il ragazzo ciò che invece era originariamente, e deve rimanere, un gioco all’aria aperta."

Ecco ci stiamo ricoprendo di una massa di regolamenti, di metodo, di parole nei vari convegni, assemblee, zone, di incarichi di dubbia utilità (sviluppo, coordinamento metodologico) e stiamo perdendo di vista la base di tutto...scoutismo..un gioco all'aria aperta.

E come fai a giocare all'aria aperta se sai solo dilettare di metodo, di progressione etc. mentre di scouting non ne sai nulla...mah...
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elfo





Registrato: 05/03/07 11:40
Messaggi: 1399

MessaggioInviato: Martedì 05 Giugno 2012, 01:14    Oggetto: Rispondi citando

Secondo me è un problema specifico di AGESCI (anche se mi par di capire che pure nel CNGEI l'andazzo sia simile) e più in generale della mentalità italiana che è fortemente orientata verso il teorico (oltre che a riunioni e convegni dove si producono tante parole, in gran parte inutili). In certi campi ciò è bene, e ci porta a eccellere nel mondo dove prevale l'aspetto pratico e il tentativo di racchiudere tutto lo scibile in protocolli. Nello Scautismo però è deleterio.
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Michele





Registrato: 25/10/07 15:03
Messaggi: 130

MessaggioInviato: Martedì 05 Giugno 2012, 10:19    Oggetto: Re: Il progetto di zona Rispondi citando

Marm ha scritto:

Ma non è di questo che voglio discutere, il punto che mi preme al momento è un altro:

Citazione:
Un tema che viene spesso chiamato in causa nei progetti di zona è quello dello scouting, inteso come tecniche pratiche utili al capo per essere competente nei confronti dei ragazzi. Questo un po’ ci preoccupa perché si viene così a delineare una figura di capo che è capace si di fare le cose, ma non si coltiva come persona, e quindi non diventa un testimone vero e adulto nei confronti dei ragazzi. È un po’ come dire: “se so fare valgo come capo”, e così ci si libera dal “peso” della propria formazione personale, delle ricerca di percorsi di crescita individuale che richiedono tempo e fatica (e chi ne vuole spendere in questi tempi?)


Questo è un estratto del documento IL PROGETTO DI ZONA - Consiglio Regionale 5 febbraio 2012 disponibile a questo indirizzo della regione Veneto (il link diretto al documento è questo, tra l'altro vi si trova anche una riflessione interessante di Giovanna Chinellato).

Dunque, perché nelle riunioni di zona si parla di fede e di metodo, ma non si può parlare di scouting?
Perché mi devo sentir rispondere che in zona non se ne deve parlare perché se un capo sente di dover approfondire la pioneristica ci sono dei campi apposta? Come ci sono campetti per capi di pioneristica, così ce ne sono anche di aggiornamento e formazione metodologica e di fede, quindi il criterio non può essere che vi sono già i campetti di pioneristica, altrimenti neppure di fede e metodo si dovrebbe parlare.


Il ragionamento del documento sopra citato non fa una grinza - se se ne accetta la definizione di "scouting", cioè tecniche pratiche utili per essere competenti.

Come è ovvio, lo scouting non è solo questo. Lo scouting è... lo scautismo! Tecniche pratiche, sì, utili a, diciamo, stare più comodi al campo eccetera... ma la cui vera funzione è di servire come strumento educativo.

Quando la squadriglia ha imparato ad abbattere un alberello da usare nelle costruzioni, non ha semplicemente imparato "una tecnica pratica" la cui utilità reale, alla fin fine, è estremamente limitata a meno che gli squadriglieri non diventino, da grandi, tutti dei taglialegna.
No, hanno imparato:
- il lavoro di squadra,
- l'autonomia,
- il fare le cose in base a delle competenze imparate,
- la capacità di affrontare una necessità pratica e risolverla con il lavoro delle proprie mani, e la soddisfazione che ne deriva,
- la necessità di rispettare le regole per evitare di farsi male,
- la necessità di soddisfare le esigenze della vita dell'uomo nell'ambiente ma senza causare danni irreparaibli all'ambiente (se hanno imparato come scegliere l'alberello con criterio e nel rispetto dei regolamenti locali),
- l'adeguatezza degli strumenti ai fini,
- l'importanza anche della preparazione fisica personale ai compiti,
ecc. ecc.

Recentemente ho sentito di genitori che si lamentavano perchè l'impresa di squadriglia era consistita nel costruire un ponte tibetano. "A cosa serve al giorno d'oggi un ponte tibetano"? A nulla, certo. Ma lo scopo non è fare il ponte tibetano, è imparare quello che impari facendolo.
Noterai poi che lo stesso errore si può commettere benissimo con conoscenze non di tipo pratico; il classico è "ma perchè a scuola studiate il latino che è una lingua morta?".

Quindi in conclusione. Va benissimo che uno impari al campetto "come" usare l'accetta. E' una capacità concreta, e si può benissimo demandare all'esperto il compito di insegnarlo ai singoli capi. Ecco perchè, ed in quale limitata misura, il ragionamento che hai citato sopra è accettabile.

Ma "perchè" usare l'accetta, e perchè soprattutto insegnare ai ragazzi ad usarla, è un tema educativo, e anzi è il tema educativo che distingue la proposta educativa dello scautismo da tante altre. E quindi è a buon diritto argomento che merita maggiore attenzione di "vai ad impararlo al campetto tecnico". E se un capo vi dedica attenzione, insieme alla sua CoCa o al limite insieme ai capi della Branca di Zona significa, ebbene sì, che si coltiva come persona e soprattutto come capo, non che sta usando lo scouting come alibi.
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Marm



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MessaggioInviato: Martedì 05 Giugno 2012, 11:09    Oggetto: Re: Il progetto di zona Rispondi citando

Michele ha scritto:

Il ragionamento del documento sopra citato non fa una grinza - se se ne accetta la definizione di "scouting", cioè tecniche pratiche utili per essere competenti.

Come è ovvio, lo scouting non è solo questo. Lo scouting è... lo scautismo! Tecniche pratiche, sì, utili a, diciamo, stare più comodi al campo eccetera... ma la cui vera funzione è di servire come strumento educativo.

Come dici tu, in questi termini non fa una grinza.

Ma se la situazione è questa:

Citazione:
Un tema che viene spesso chiamato in causa nei progetti di zona è quello dello scouting, inteso come tecniche pratiche utili al capo per essere competente nei confronti dei ragazzi.


La preoccupazione potrà anche essere questa:

Citazione:
Questo un po’ ci preoccupa perché si viene così a delineare una figura di capo che è capace si di fare le cose, ma non si coltiva come persona


Ma dovrebbe anche essere

Ma se i capi chiedono tecniche pratiche, non sarà che davvero adesso gli mancano? E se fosse, che tipo di scoutismo stanno proponendo?

Può essere che in regione si consideri adeguato il livello medio di competenza dei capi nello scouting, di certo in Veneto ci sono molti gruppi che eccellono in questo, ma nella mia zona la faccenda potrebbe anche essere un tantino diversa e riflettere sulla competenza del capo come "uomo dei boschi" dovrebbe essere lecito.
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MessaggioInviato: Giovedì 07 Giugno 2012, 15:39    Oggetto: Rispondi citando

Citazione:
Un tema che viene spesso chiamato in causa nei progetti di zona è quello dello scouting, inteso come tecniche pratiche utili al capo per essere competente nei confronti dei ragazzi. Questo un po’ ci preoccupa perché si viene così a delineare una figura di capo che è capace si di fare le cose, ma non si coltiva come persona, e quindi non diventa un testimone vero e adulto nei confronti dei ragazzi. È un po’ come dire: “se so fare valgo come capo”, e così ci si libera dal “peso” della propria formazione personale, delle ricerca di percorsi di crescita individuale che richiedono tempo e fatica (e chi ne vuole spendere in questi tempi?)

quello che onestamente non riesco a capire è per quale motivo un capo che cerca di approfondire le proprie capacià tecniche non dovrebbe essere in grado di coltivarsi anche come persona: la mia esperienza, mediamente non in tutti i casi, mi suggerisce esattamente l'incontrario
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