AGESCI EDUCARE ALLO SVILUPPO COMUNITARIO
un percorso per preparare il cittadino del mondo
Nuova Fiordaliso
Roma 1993
cm. 17 x 24 pagine 96
collana: itinerari educativi
SOMMARIO
1. Perché educare allo sviluppo
2. Tre decenni per lo sviluppo
3. Per un cammino di fede
4. Piste per leducazione allo sviluppo
4.1 Piste per leducazione allo sviluppo Branca Lupetti/Coccinelle
4.2 Piste per leducazione allo sviluppo Branca Esploratori/Guide
4.3 Piste per leducazione allo sviluppo Branca Rovers/Scolte
4.4 Piste per leducazione allo sviluppo Comunità Capi
5. I giochi per leducazione allo sviluppo
6. Una Zona in impresa
7. I diritti dei bambini
8. Bibliografia
9. Scheda di verifica
L'educazione sviluppa le capacità di partecipare alla costruzione del mondo che cambia.
"Educare allo sviluppo comunitario" significa tentare di formare una mentalità planetaria, di fornire ai giovani gli strumenti per acquisire la consapevolezza dei problemi del mondo e allenare al valore dell'impegno, al "difficile" contro ogni comodo alibi o falso realismo che porta alla rassegnazione come ad una fatalità.
Questi testi vengono dall'esperienza e dall'elaborazione pedagogica del movimento scout.
PRESENTAZIONE
Il presente testo colloca la problematica delleducazione allo sviluppo nellambito della proposta educativa dellAGESCI. E questa collocazione avviene con una semplicità sorprendente, quasi sillogistica. Fare scautismo è educare cittadini del mondo, aperti alla solidarietà con altri popoli; oggi questa solidarietà passa per laiuto del Nord al Sud del mondo, cioè laiuto allo sviluppo. Dovunque educare cittadini del mondo oggi significa educarli allo sviluppo.
Si aggiunge che laiuto allo sviluppo è anzitutto un problema educativo (e non, quindi, di trasferimento di risorse, pur necessario); e lAGESCI è per lappunto unassociazione che fa educazione (anzi, è proprio questa la sua scelta politica). Anche da questo punto di vista la conclusione è lineare.
Tanto lineare che, in fondo, è sorprendente che ci si arrivi solo oggi. LAssociazione ha un indubbio ritardo « culturale » in materia. Alcune operazioni di aiuto allo sviluppo, pur egregiamente effettuate (Burkina Faso, Kenya ecc.), non hanno avuto una reale risonanza associativa.
Non si tratta solo di motivi pratici costo economico di certi progetti, problemi di lingua ecc. che sono superabili (vi sono progetti che costano poco o nulla, fonti finanziarie pubbliche, cre-scente diffusione delle lingue veicolari ecc.). Si tratta piuttosto di una mentalità radicata sul proprio angusto territorio (ed è il caso migliore), ovvero su se stessi. E il cittadino del mondo?
Per questo il testo Educare allo sviluppo comunitario potrà contribuire a colmare una lacuna. Esso è stato egregiamente coordinato da Gabriella Santoro e Maria Guerrini e redatto con contributi di numerosi Capi impegnati nelle nuove, più dinamiche relazioni internazionali dellAGESCI dellultimo decennio.
Si noterà che non si parla nel testo e tradizionalmente nello scautismo internazionale di mero sviluppo, ma di sviluppo comunitario. La sfumatura vuole riferirsi alle iniziative microe-conomiche di aiuto, che fanno affidamento soprattutto sulle comunità locali (di villaggio, di tribù) del paese aiutato, ne mobilitano le forze, ne promuovono lo spirito di solidarietà, di risorsa, di iniziativa. Tutte cose che lo scautismo può far bene, basato comè esso stesso su piccole comunità.
In modo molto « scout », il testo realizza un giusto equilibrio tra capitoli di impostazione teorica e suggerimenti e appunti pratici di attività coi ragazzi, suddivisi per le tre branche. Nellambito di ciascuna branca, il perché si fanno certe cose è brevemente riepilogato, così come i principali momenti logici e pedagogici della progressione educativa: e poi si passa al come, alle attività pratiche.
Tra queste ultime, occorrerà sviluppare soprattutto quelle che non si esauriscono in mere chiacchierate. È un po il rischio di molti giochi sullo sviluppo, sulla pace ecc.: lo scautismo è learning by doing (e non learning by talking). Perciò le attività pratiche dovranno basarsi su un fare, inizialmente magari avente solo scopo nozionistico: ma meglio ancora se esse potranno essere dei veri e propri progetti di aiuto allo sviluppo. Oggi, con la presenza degli immigrati del Terzo Mondo tra di noi, non occorre più muoversi dallItalia per incontrare il diverso nazionale e culturale. Ma, in branca R/S, sarà opportuno cercare anche occasioni di servizio nel Sud del mondo, capaci di preparare anche scelte più adulte (volontario in servizio civile ecc.).
Queste sono le porte che apre questo libro: che speriamo possa ispirare opportuni adattamenti dei progetti educativi dei Gruppi AGESCI (inserendovi o sottolineandovi meglio la dimensione dellaiuto allo sviluppo) ed essere poi studiato e tradotto in pratica dalle Comunità Capi.
Mario Sica