ASOR ROSA ALBERTO FUORI DALL'OCCIDENTE ovvero ragionamento sull' "Apocalissi" EINAUDI TORINO 1992 ISBN 88-06-12899-I
ai soldati irakeni |
La prima ispirazione di questa «scrittura» mi è venuta nei giorni tragici della fase
culminante e decisiva della guerra del Golfo. Mi sembrava incredibile che potesse restare
senza risposta sia limmanità dellevento sia limmanità della rimozione,
che subito dopo ne fu compiuta.
Ma non avevo nessun progetto di libro nella testa, e ancor oggi dubito che si possa
parlare di libro a proposito di questa, appunto, «scrittura»: più semplicemente avevo
solo bisogno di parlare, volevo solo dire, e dire innanzitutto a me stesso, ciò che
poteva aver significato quellevento fatale, che subito quasi tutti avevano
dimenticato, con la stessa disinvoltura con cui si può «sopprimere» uno schermo
luminoso, azionando il pulsante di un televisore.
Quasi contemporaneamente lApocalissi di Giovanni mi era tornata alla mente, e
allinizio piu per una contiguità impressionante dimmagini che per
unanalogia vera e propria di tematiche. La rinnovata lettura del testo mi ha poi
confermato il senso inizialmente riposto di questa riscoperta. Lintreccio dei due
discorsi, che in maniera abbastanza spontanea ne è successivamente conseguito, ha
consentito di mettere in reciproca relazione un piano temporale ed uno extratemporale
della riflessione, che in genere procedono separati ed incomunicabili. È stato un modo,
forse, per dire che un doppio sguardo vale piu di uno.
La mia rilettura dellApocalissi non ha, ovviamente, pretese filologiche, anche se
non credo che possa essere considerata arbitraria (un discorso a parte si potrebbe fare, a
partire da questa esperienza, sul senso che queste «grandi opere» della mente umana
possono avere in una fase come questa della nostra storia). La sua importanza è stata
rappresentata per me dal fatto che ci sono dei momenti in cui non si può rispondere
neanche alle questioni più semplici senza tornare alle radici del discorso, ai fondamenti
del verbo. Siccome non ho personalmente vocazione ad una scrittura apocalittica, e non
intendo neanche favorire una ripresa del «genere», voglio dire qui che questo testo, di
per sé «fondamentale» e tuttavia troppo poco frequentato (forse perché esso incute,
letteralmente incute un senso di sgomento e di paura), ha risposto al bisogno di riempire
la nuda, empirica, quotidiana e spesso squallida frequentazione della storia con qualche
prospettiva meno precaria e transitoria di quelle con cui ci trastulliamo ogni giorno.
Questo esercizio non ha, - ne sono persuaso, - valenze pratiche immediate, ma forse non è
del tutto estraneo alla sfera delloperare. Io non dico: non è più possibile
operare. Io dico: non è più possibile operare, se alcune condizioni preliminari e
profonde, anche pre-politiche, non sono ripensate e ricostruite. Non sono nemmeno
daccordo che sia da auspicare un abbandono «pentitistico» del pensiero
progressista tradizionale, in tutte le sue varianti. Questo abbandono, anzi, ha favorito
il marasma e il caos, e sè visto bene proprio in occasione della guerra del Golfo,
e ancor piu dopo (e anche in casa nostra).
Tuttavia, se il pensiero progressista, con le sue formule, il suo corredo e il suo
limitato e concreto buonsenso potrebbe ancora andar bene per le sere dinverno (del
tutto astrattamente parlando, sintende), è il mondo che, intorno, è andato oltre
ogni precedente perimetrazione politica e ideo-logica, rendendo del tutto vano e talvolta
penoso laffannarsi del primo. Può un pesce nuotare nellaria? Può un uccello
volare sottacqua? Le specie animali non sono molto cambiate, sono cambiati gli
elementi in cui si trovano a vivere, e questo ne fa qualcosa che assomiglia di volta in
volta ad uno zoo di vetro o a un museo di salme impagliate. Propongo uno studio
sistematico degli «elementi», una riedizione delle scienze che un tempo studiavano i
«semplici».
Non so quale sia la strada da battere, ma so che bisognerà cercare spiegazioni di tipo
«radicale», anche ricorrendo a discorsi che non ci erano cosi familiari in passato
(anche se, per rammentarcene oggi, dovevamo pur conoscerli) e a modi
dellargomentazione non contemplati dalla tradizione.
Questo gioco, solo in parte elastico, fra riflessione temporale e riflessione
extratemporale è continuato anche durante la stesura di questa «scrittura» e
«riscrittura».
Infatti, la parte «contemporanea» di questo testo (e cioè, in sostanza, tutti i
capitoli dispari del medesimo) era già stata concepita e compilata prima della fine del
maggio '91, sotto leffetto, come ho già detto, dello svolgimento e della recente
conclusione della guerra del Golfo. La parte «fuori della storia» è stata scrîtta nei
mesi seguenti e com-pletata entro i primi giorni dellottobre.
Non ho modificato alcunché nella struttura della parte contemporanea in conseguenza degli
avvenimenti sovietici della scorsa estate, e ciò essenzialmente per due motivi:
innanzitutto, perché penso che le linee di tendenza fondamen-tali non siano molto
cambiate, se mai ne sono state ulterior-mente delineate ed accelerate nel senso già
indicato; in se-condo luogo, perché sono convinto che la guerra del Golfo abbia
profondamente influenzato, fra laltro, anche il corso della vicenda sovietica, dal
momento che ha dimostrato senza tema di smentite lassoluta irrilevanza
dellimpero sovietico, il cosiddetto «secondo împero», l«altro impero»,
rispetto allunico Grande Impero, il vero Impero, che con la guerra del Golfo si
andava chiaramente profilando, e ne ha dunque favorito la finale disgregazione.
Non escludo, invece, che tracce degli avvenimenti sovietici si possano trovare
nellinterpretazione apocalittica, che si alterna a quella piu propriamente storica.
Altrettanto volutamente, non ho tenuto conto neanche dei successivi svolgimenti in ambito
islamico, come il clamoroso successo del fondamentalismo in Algeria. In questo caso si
potrebbe parlare di una sottostima, da parte mia, degli effetti, pure abbastanza piano
più generale, della guerra del Golfo sugli squilibri tra le due parti del mondo. Ma
lipotesi complessiva ne riceve una conferma persino inquietante.
Quanto al titolo che ho voluto dare a questa, non so quanto significativa, ma certo
sofferta opera, so bene che la preposizione «fuori» più solitamente saccompagna
nella lingua italiana con la particella «di»: «fuori di... » Usando «fuori da», ho
voluto calcare laccento sul senso dellespressione: come capita, ad esempio,
quando si dice «fuori dai piedi», e non «fuori dei piedi».
Nota.
Le citazioni latine nel testo sono tratte, per lApocalissi di Giovanni e gli
altri libri del Vecchio e Nuovo Testamento, da Biblia Sacra iuxta vulgatam oenionem
nelledizione in a voli. della Deutsche Bibelgesellschaft (iq83*), e per il De
civitate Dei di Agostino dalle Opere di SantAgos6eo, edizione latino-italiana, g
voli., a cura della Cattedra Agostiniana presso leAugustinianumx di Roma ( 1990 ).
Ho conservato per queste citazioni il latino, sia perché questa è la lingua in cui io
leggo questi testi, sia perché il latino è la lingua in cui essi fondamen-talmente si
sono tramandati nella cultura europea occidentale, che è uno dei protagonisti in
incognito di questa mia riflessione. Del resto, le traduzioni moderne, con
leccezione, del tutto ovvia, di quella luterana, sono ben lontane dalla forza e
dallintensità del testo in latino.
Ma soprattutto ho voluto conservarlo, perché desideravo che, almeno in prima istanza, il
messaggio dei testi sacri e la voce della profezia giovannea giungessero al lettore in una
lingua sostanzialmente comprensibile eppure distaccata e lontana, come quella che talvolta
sode risuonare nella cavità oscura e misteriosa di un lontano speco di montagna.
Per coglierne lo straordinario potere evocativo, non bisogna banalizzare troppo questa
lingua, e ciò vale a mio giudizio un piccolo sforzo di assuefazione e di comprensione.
Alberto Asor Rosa, Fuori dallOccidente
Loblio dei valori in una civiltà trionfante e sfigurata
Con la guerra del Golfo, l'Occidente sigilla in modo cruento e definitivo
lomologazione di tutto il pianeta a un unico sistema di valori. Sono quelli regolati
dal cinismo del profitto e dalla spietatezza quotidiana. Amor Rosa non vede eccezioni né
nellecumenismo di comodo del Vaticano, né nellattuale profìlo delle
aspirazioni dei popoli del Terzo Mondo e tanto meno nel ruolo internazionale giocato dallo
Stato di Israele. Il crollo delle contrapposizioni ideologiche ha spazzato via, insieme ai
sistemi dittatoriali giustamente travolti dalla propria burocrazia, anche quei semplici
valori di umanità capaci di dare prospettive non meramente funzionali alla storia e alla
vita di ogni giorno.
Eppure tali valori fanno parte della nostra tradizione, e infatti Asor Rosa li rintraccia
in un commento da lettore appassionato allApocalissi di Giovanni, che fa da
contrappunto allanalisi dei fatti di più recente attualità. Un testo scritto fuori
della storia per la fine della storia contiene in sé un'indicazione precisa a favore di
unetica della compassione e della responsabilità.
Di Alberto Asor Rosa, Einaudi ha pubblicato: Scrittori e popolo, Le due società, Ipotesi sulla crisi italiana, lultimo paradosso. Inoltre, sempre per Einaudi, dirige il progetto della letteratura italiana.
Indice
Introduzione
Un solo Occidente, un solo mondo
Apocalissi, Rivelazione
Guerra, «nuovo ordine» del mondo
Fumo, fuoco, sangue, veleno, abisso
Macellai, bene organizzati
Un piccolo libro aperto
Memorie del passato, conoscenza del futuro
I sette segni
Occhio per occhio, dente per dente
«Magna meretrix»
Re-ligione, non com-passione
Caduta di Babilonia
Fuori dallOccidente
Gerusalemme celeste
Etica della responsabilità e etica della fede, ovvero: «Filius hominis»