AGESCI SCAUTISMO ED ESPERIENZA DI CHIESA l'assistente ecclesiastico degli scouts AE
ELLE DI CI |
Presentazione
La figura del prete ha già in sé una poliedrica ricchezza: egli è «uomo di Dio per
gli altri». Si colloca tra due poli: Dio e l'uomo. Ora, Dio è
colui che è al di là di ogni nostra rappresentazione: sempre «al di là». L'uomo, plasmato
dalle mani di Dio, è un «mistero». Cosa sai tu del fratello che ti è accanto? Conosci
il suo volto, alcune sue abitudini, il suo stile di azione e il suo modo di reagire. Ma
cosa sai del suo «cuore», cioè del centro intimo del suo essere, dove egli è lui e non
un altro, dove si gioca il suo destino? Solo Gesù sapeva «cosa c'è nel cuore
dell'uomo»!
Eppure il prete come «uomo di Dio» è chiamato ad entrare nell'intimità
dell'Altissimo. Come «uomo degli altri» è chiamato a diventare il confidente,
l'amico, la guida spirituale dei fratelli. A lui, e spesso solo a lui, si apre uno
spiraglio attraverso il quale può gettare uno sguardo verso il «cuore». A lui la grande
responsabilità di aiutare il fratello di fede a scoprire il disegno irripetibile che Dio
ha su ciascuno.
Per questo si chiama «assistente» in rapporto ai vari Movimenti e Associazioni.
In questo quaderno si tratta dell'Assistente SCOUT. Non sorprende la ricchezza dei
contributi di questo quaderno, se si tiene conto di quanto ho appena detto. Ognuno di essi
è un tentativo di «approche», coglie qualcosa, ma «il più» gli sfugge: è al di
là. «Il più» lo può insegnare solo l'esperienza, il complesso delle esperienze. E
il valore dei vari contributi si fonda proprio su questo: è frutto di esperienza. Nessuna
esperienza esaurisce tutta la potenzialità di un argomento così ricco. Ma ognuna è come
una pennellata. Dall'insieme emerge la figura dell'Assistente, con i contorni del «non
finito».
Non è compito di una presentazione esaurire il contenuto di un quaderno. Mi limito a
richiamare il senso etimologico di assistente. Viene da ad-sistere. Implica l'essere
accanto con una grande capacità di attenzione (è questa una vera forma di carità) e
di «simpatia», nel senso etimologico di «vibrare all'unisono» con l'altro. La
preposizione «ad» mi finalizza all'altro. «Sono qui per te»! Mi vengono in
mente le parole che fra' Cristoforo dice a se stesso in un momento difficile per la sua
focosa natura: «Frate, non se' qui per te!». Ci sono due preposizioni che in modo
convergente esprimono la densità del rapporto educativo, indicato dalla preposizione
latina «ad»: con e per. Con non vuole dire solo «essere accanto»;
esprime la capacità di «condividere». Per non dice solo rapporto di finalità;
esprime la capacità di fare dono di se stessi, di realizzare un servizio d'amore.
Questo vale per il ministero di ogni prete, per l'animatore di ogni associazione. Ma in
queste note c'è uno specifico: si tratta dei prete scout che aiuta ragazzi e giovani a
formarsi sull'ideale umano e cristiano dello «Scautismo». Viene perciò presentato
anzitutto in rapporto ai compiti primari di un prete: presiedere l'Eucaristia, essere
ministro del perdono divino, essere la guida spirituale, educare alla fede attraverso
l'annuncio esplicito di Cristo. Ma lo si vede pure in rapporto ai valori e al metodo
scoutistico, in ciò che ha di specifico: la simbiosi tra valori umani e cristiani. Ed è
così che il valore della strada, del simbolo, delle virtù naturali emergono come campi
di educazione per l'Assistente.
C'è poi il suo rapporto con la «Comunità Capi» e con i vari Reparti e «Clan»: il
discorso si articola sul piano organizzativo. Una esigenza però emerge su tutte: meritarsi
la fiducia! La fiducia non si può esigere: più la chiedi e meno ti è accordata. Ma
se ti poni umilmente e generosamente accanto all'altro, con quella carica di attenzione e
simpatia di cui ho parlato, vedrai che il ragazzo ti affida se stesso. E allora cercherai
di non legarlo a te in modo esclusivo: dovrai aiutarlo ad essere se stesso e a stabilire
un rapporto vivo con Cristo. Di lui solo ogni giovane ha bisogno. Lui «rivela l'uomo
all'uomo»! Lui è l'ideale impareggiabile, insieme profondamente umano e luminosamente
divino. Quando un giovane è colpito dal fascino di Cristo, il più è fatto: il resto
viene da sé.
E se la tua vita di prete si presenta al giovane come un riflesso di quella di Cristo; se
grazie a quello che tu sei (e non solo che tu dici!), la figura del Salvatore assume
concretezza di espressione, allora la tua funzione di legame vivente tra Cristo e l'uomo
troverà attuazione perfetta.
È quello che auguro cordialmente a tutti gli Assistenti scout, per la stima profonda che
mi lega al Movimento.
+ Mariano Magrassi Arcivescovo di Bari
Introduzione
La mulattiera si impenna come una scala senza fine e lo zaino si fa più pesante sulle
spalle di chi sale lentamente i gradini della Val Codera. A sera, intorno al fuoco, i
cuori si scaldano nellamicizia nata dalla comune fatica; nel silenzio, rotto
soltanto dallo scroscio delle cascate, la preghiera sale spontanea e un impegno nuovo si
rafforza in ciascuno per il servizio che ci aspetta quando saremo «discesi dal monte».
Anche questanno, come ormai da circa quarantanni, un gruppo di preti ha
vissuto lesperienza del campo scuola per Assistenti ecclesiastici: una proposta
concreta di imparare lo scautismo.
Reduce anchio da questa esperienza, mi trovo a riflettere sulla inestimabile
ricchezza rappresentata dalla presenza del prete in mezzo ai nostri ragazzi e provo una
viva gratitudine per tutti gli Assistenti. A dire il vero, anche se consacrato
dalluso, il termine «Assistente ecclesiastico» non definisce compiutamente il
ruolo del prete nello scautismo cattolico italiano. Infatti nella storia decennale
dellAGESCI e in quella precedente dellAGI e dellASCI, tanti e tanti
preti hanno fatto assai di più che «assistere»; hanno agito da protagonisti nel far
nascere il movimento scout, promuoverne lo sviluppo, indirizzarne il cammino.
Nellimpossibilità di ricordarli tutti, vorrei almeno nominare due figure
emblematiche, che hanno un posto significativo fra i «padri fondatori» delle nostre
associazioni: sono don Andrea Ghetti (Baden) e padre Ruggi dAragona (Arda),
luno fra i principali artefici della rinascita dellASCI nel clima
entusiasmante della ritrovata libertà dopo la guerra, e laltro fra i fondatori
dellAGI in quegli stessi anni. Diversissimi, anche fisicamente, per storia familiare
e personale e per modo di fare, testimoniarono entrambi la loro convinzione che lo
scautismo fosse non solo uno strumento utile alla loro azione pastorale ma anche un modo
di essere uomini e cristiani, uno stile di vita da assumere in proprio ancor prima di
proporlo come ideale ai ragazzi.
Scout tutto dun pezzo Baden, nellaggressiva sincerità e nella generosità a
tutta prova; altrettanto scout Arda, nel gusto raffinato per le cose ben fatte e
nellarguzia della caricatura. Sul loro esempio si venne delineando la figura del
prete-scout: un sacerdote capace di entrare nel grande gioco, di ascoltare e di capire i
ragazzi, di parlare il loro linguaggio, di piantare la sua tenda in mezzo a noi, come
segno quotidiano e sacramentale della presenza di Cristo che per suo tramite diviene
nostro amico e nostro capo.
«Due teste sotto lo stesso cappellone» fu lo slogan con cui si era soliti definire il
ruolo dellAssistente e il suo rapporto con il capo unità; e in effetti tanti
giovani e meno giovani capi, uomini e donne, hanno fatto nello scautismo la felice
esperienza del prete amico, con cui condividere fino in fon-do le gioie e le pene del
servizio reso ai ragazzi.
Tuttavia la prospettiva di avere alla guida di ogni singola unità scout una coppia
Capo-Assistente si è rivelata utopistica, sia per limiti pratici ben precisi, sia anche
per una ri-flessione associativa che ha contribuito.a far maturare una diversa visione del
ruolo dellAssistente. Da una parte, infatti, lo sviluppo dellAssociazione e la
relativa scarsità di sacerdoti rende praticamente impossibile il reperimento di un numero
sufficiente di preti-scout.
Daltra parte è andata maturando nella vita dellAGESCI una maggiore
condivisione della responsabilità educativa, che non è più affidata al singolo capo
bensì alla Comunità dei Capi, e contemporaneamente si è affermata una visione più
aperta dei nostri gruppi, non chiusi in se stessi e autosufficienti, ma aperti a una più
ampia comunità ecclesiale e sociale in cui sono inseriti.
In questa visione, lAssistente è «il prete di tutti», il presbitero del popolo di
Dio di cui noi siamo parte; a lui chiediamo di conoscere il metodo scout per aiutarci a
sviluppare il nostro progetto educativo, di cui la catechesi, non solo occasionale ma
organica, è parte essenziale e irrinunciabile.
La sede privilegiata dellazione dellAssistente è allora proprio la Comunità
Capi, là dove il progetto educativo viene elaborato, portato avanti e verificato. Il
ruolo dellAssistente non risulta certo diminuito, ma anzi ancora più importante e
delicato: spetta a lui condurre la Comunità Capi ad assumersi la responsabilità anche
del cammino di crescita nella fede di tutti i ragazzi; deve pertanto promuovere la
competenza catechistica dei Capi e deve concordare con loro le modalità dei suoi
interventi in modo che questi risultino proficuamente inseriti nel logico sviluppo delle
attività e non separati o imposti come la «mezzora di catechismo». Deve infine
vigilare e operare affinché, senza snaturare le sue caratteristiche, lattività
scout si inserisca nella più vasta attività della Chiesa locale, in spirito di
collaborazione e di reciproco stimolo con tutte le altre associazioni.
Per questi motivi, scrivendo per gli Assistenti ecclesiastici, gli autori non si sono
limitati ad una esposizione del metodo scout, ma hanno necessariamente affrontato, sia
pure a grandi linee, il tema più ampio della pastorale dei gruppi giovanili inseriti
nella Chiesa locale; mi pare che basti scorrere lindice dei capitoli per rendersene
conto. Questo libro dellAssistente non si rivolge quindi soltanto ai preti-scout,
che pure vi potranno trovare unoccasione per rinnovare il loro impegno e verificare
la loro esperienza, ma vuole rivolgersi a tutti i sacerdoti, soprattutto quelli impegnati
nella pastorale giovanile.
A tutti vorremmo indicare uno strumento singolare di crescita personale e comunitaria, lo
scautismo appunto, che sembra rivelarsi sempre attuale ed efficace, come testimonia lo
sviluppo crescente dellassociazione.
E poiché nello scautismo «si impara facendo», lanciamo a tutti un fraterno appello
perché vengano a giocare con noi, ad esplorare vie nuove e non battute, a vivificare con
la loro presenza sacerdotale il nostro servizio, rivolto a tanti giovani fratelli e
sorelle che già camminano su questa strada, e ai molti di più a cui potremo insieme
indicarla.
Ottavio Losana Capo Scout AGESCI