Educazione, perché emergenza?


È vero che educare non è mai stato facile, ma occorre superare quella crisi di comunicazione tra le generazioni che impedisce di dialogare. L’ come “segno dei tempi”. Se vi è un’, essa va nel senso etimologico dell'”emergere” di un aspetto della vita umana che, anche a partire da una situazione di crisi, viene posta sotto i riflettori, richiedendo così una nuova attenzione.

Sono molte le voci che nell’ultimo periodo si sono levate a lanciare l’allarme educazione. Tra di esse, quella autorevole di Benedetto XVI: «Si parla di una grande “emergenza educativa”, confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita». È solo uno dei tanti interventi in cui il papa ha richiamato la grave responsabilità dell’educazione, insieme alle condizioni difficili in cui versa questa esigenza imprescindibile della vita umana.                    Le difficoltà e la fatica di educare oggi   L’allarme sull’educazione è andato crescendo, fino a generare l’ “emergenza educativa” che non piace a tutti. Essa lascerebbe intendere, infatti, una situazione che sollecita provvedimenti da emergenza, senza favorire un ripensamento complessivo e profondo quale la situazione attuale richiede. Se vi è un’emergenza, essa va nel senso etimologico dell'”emergere” di un aspetto della vita umana che, anche a partire da una situazione di crisi, viene posta sotto i riflettori, richiedendo così una nuova attenzione.

La crisi del rapporto tra le generazioni e la difficoltà degli adulti a trasmettere ai più giovani un patrimonio di senso pone una sfida interessante, che può favorire un ripensamento culturale e antropologico. Ad essa occorre dedicare un’attenzione qualificata, non perché i ragazzi hanno comportamenti discutibili e appaiono disorientati e superficiali, ma perché ci si rende conto che, senza educazione, è impossibile crescere da persone umane e, come società, avere un futuro degno dell’umanità. Se questo è vero, non si può pensare all’emergenza educativa come ad una situazione che ci cada addosso all’improvviso e ci chieda qualche rimedio d’urgenza, ma ripensando da adulti la responsabilità di educare ed elaborando un progetto che sia capace di interpretare questo tempo.

Non si possono sottacere le difficoltà e la fatica di educare oggi: «Educare non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile».

Non sono gli episodi di bullismo o i fatti di violenza riportati di tanto in tanto dalla cronaca a dare l’idea vera dell’emergenza educativa. Essa ha una delle sue ragioni nella crisi della comunicazione tra le generazioni. L’educazione ha bisogno di vicinanza, di fiducia, di scambio. Solo così i più giovani possono ricevere dagli adulti il patrimonio di senso, di valori, di idee che li aiutano ad orientarsi nella vita; solo così gli adulti possono accogliere i turbamenti, le domande, le inquietudini dei più giovani, facendosene carico e accompagnandosi a loro, nel cammino della loro crescita. Ma si ha poco tempo a disposizione; i tempi del si conciliano a fatica con quelli del dialogo e dell’incontro.

Gli adulti sono disorientati, stentano a distinguere ciò che vale da ciò che non vale; faticano a orientarsi in mezzo a situazioni che sono cambiate e che spiazzano; situazioni per le quali si ha l’impressione di non avere la bussola adatta. È un senso di spaesamento, nel senso letterale del trovarsi in un “paese sconosciuto”, diverso da quello cui si è abituati. È chiaro che in queste condizioni è difficile offrire ai giovani dei punti di riferimento. Ma anche i giovani sono disorientati. L’ubriacatura di una libertà senza confini si alterna alle manifestazioni di disagio, di malessere e di sofferenza interiore di chi non conosce il senso della propria esistenza e le condizioni che ad essa danno valore.

La fatica di educare dipende anche dal fatto che nella generazione adulta sembra essere venuto meno un progetto di vita, che mostri il senso secondo cui essa vive e dica anche implicitamente se vi sono possibili ragioni di vita convincenti. Oggi la generazione adulta sembra non essere in grado di mostrare e di narrare il valore e la bellezza della vita, in tutti i suoi aspetti. È come se la nostra bisaccia fosse vuota, o piena di cianfrusaglia che non ha valore e serve solo a ingombrare: fa volume, ma non ha peso. Incantati dal luccichio della società dei consumi e al tempo stesso svuotati dal suo carattere effimero, gli adulti non riescono a dire ai giovani la bellezza della vita e a mostrare quale esistenza meriti di essere vissuta: «alla radice della crisi dell’educazione c’è infatti una crisi di fiducia nella vita». Nell’inaridirsi della coscienza si manifesta la crisi della generatività degli adulti di oggi.

E, d’altra parte, quella degli adulti è una condizione di fatica per un’organizzazione della vita così complessa che non può non far sentire stanchi, vuoti e aridi. A volte si rinuncia ad educare per resa alla fatica, per mancanza di energia a reggere l’impegno che l’educare – essere disponibili, dimenticare le proprie preoccupazioni e la propria stanchezza, essere accoglienti, aver voglia di dialogare, confrontarsi, discutere… – comporta.

La crisi del valore della persona, infine, costituisce il clima culturale diffuso. La persona è posposta a molte dimensioni: dopo il benessere, dopo l’immagine, dopo la carriera. L’educazione, nel suo significato più vero e più alto, è possibile solo dove vi sia il senso della persona e della considerazione del valore del dedicarsi assolutamente gratuito alla sua crescita. Educare significa consegnare ciascuno alla libertà delle sue scelte, alla sua vita, alla sua originalità, alla sua storia: solo dove vi sia il senso maturo della persona è possibile questa dedizione vissuta per consegnare ciascuno a se stesso.

In questo contesto c’è chi, di fatto, dà le dimissioni o si illude che un irrigidirsi degli atteggiamenti sanzionatori e disciplinari possa essere efficace. Ma c’è anche la pensosità di chi si interroga, chiedendosi che cosa vorrà significare educare in questo contesto: quali valori? quali processi? quali contenuti?

Queste considerazioni mi pare che mettano in risalto come vi sia una crisi della vocazione educativa. Questo non è un atto di accusa verso gli adulti; piuttosto è il riconoscere l’esito di un modello di civiltà che ci ha portato allo svuotamento delle coscienze e a quell’affanno di vivere che fa vittime in primo luogo gli adulti, affaticati, smarriti, ripiegati su se stessi; e lascia i giovani troppo soli nell’affrontare la responsabilità della vita.

L’educazione in un tempo di cambiamento

La complessità delle ragioni che concorrono a determinare l’attuale situazione potrebbe lasciare scoraggiati, indurre qualcuno a rimpiangere altri tempi, in cui l’autorità dei , degli insegnanti e degli educatori rendeva più facile il trasmettere un orientamento. La situazione dell’educazione va collocata sullo sfondo dei cambiamenti che stanno interessando il mondo. Essa va posta soprattutto nel contesto dello spezzarsi di quell’omogeneità culturale che trasmetteva valori, comportamenti e stili di vita attraverso la mentalità e il modo di fare diffuso. Si imparava a vivere guardando vivere; si imparava a diventare cristiani a contatto con una comunità che coinvolgeva in un’esperienza. La scarsa differenziazione della società aiutava in questo processo. Ma, al di là dei risultati, non tutto era così positivo!

In famiglia l’educazione era tutta sulle spalle della madre; il padre poteva esercitare un’autorità al limite dell’autoritarismo. Lo stesso valeva per la . Spesso atteggiamenti e valutazioni venivano assunti per conformità sociale, più che per personale convinzione e scelta. L’opinione pubblica diffusa costituiva una censura implicita verso chi si scostava dal modello socialmente accettato.

Questo modello è andato in crisi con il profondo modificarsi della società e ha portato con sé nella crisi i processi educativi. Non sappiamo oggi dove condurrà il travaglio di questo momento, ma non possiamo rimpiangere un tempo in cui si facevano tante cose perché le facevano tutti, al di là dei propri convincimenti. Non si può considerare educazione quella basata sulla violenza, sul conformismo sociale, sulla paura, o su un modello di famiglia costruita sull’autorità del padre.

Ora il riconoscimento di un’emergenza educativa ha messo a fuoco la complessità, la natura, le esigenze del processo di crescita di una persona.Il nuovo interesse per l’educazione sta sollecitando a ripensare, aggiornare, rendere più adeguati i processi educativi. L’emergenza educativa potrà contribuire a sollecitare un nuovo modo di pensare l’educazione, offrendo a tanti giovani l’opportunità di crescere compiendo scelte di vita personali, e a tanti adulti la possibilità di realizzarsi pienamente come uomini e come donne maturi nella loro vocazione a generare al senso della vita.

L’emergenza educativa, dunque, è stimolo e occasione per ridefinire funzioni, progetti, stimoli, strumenti dell’educare nel nostro tempo.

Da “emergenza” a “segno dei tempi”?

Se l’attuale situazione di crisi sarà l’occasione per assumere in forma nuova la responsabilità educativa, allora l’educazione potrà diventare uno dei segni del nostro tempo. Nel 1963, nella Pacem in terris, papa Giovanni XXIII parlava dell’emancipazione della donna come di uno dei segni dei tempi. Ne parlava, benché la strada da percorrere fosse ancora lunga. Possiamo sperare che l’educazione possa diventare uno dei segni di questo nostro tempo; che esso – con le sue crisi e le sue emergenze – generi un’attenzione nuova e qualificata alla persona e alla cura per la sua crescita in umanità. Che dunque l’educazione passi da emergenza a segno del nostro tempo. Se, come credenti e come comunità cristiana, sapremo spenderci perché questo avvenga, avremo contribuito anche a esercitare una forma di profezia: quella che sa dire il valore della persona e il senso nuovo del dedicarsi alla sua maturazione.

Perché questo avvenga, occorre compiere qualche scelta decisa: riprendere la riflessione sull’educazione, senza accontentarsi di aggiornare i pensieri del passato, ma avendo la libertà e l’audacia di una riflessione nuova. Occorre anche vedere aspetti e problemi specifici dell’educazione nei diversi contesti: famiglia, scuola, comunità cristiana… E rendersi disponibili da parte di tutti a costruire una grande alleanza per l’educazione. Nessuno potrà farcela da solo: solo unendo pensieri, intuizioni, slanci, sforzi, l’educazione potrà veramente diventare uno dei segni di questo tempo difficile e appassionante.

  • Iafrate R., in Educazione: un’emergenza?, La Scuola editrice, Brescia 2008, p. 74
  • Benedetto XVI, Lettera sul compito urgente dell’educazione.

 

(Attualità) Aprile 2009 autore: Paola Bignardi