Diritto all’Ambiente
In principio Dio creò il cielo e la terra….Dio disse :”ci siano luci nel firmamento del cielo per distinguere il giorno dalla notte;servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni e servano da luci per illuminare la terra….le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra…la terra produca esseri viventi secondo l a loro specie:bestiame,rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie….” e Dio vide che era cosa buona. (Genesi 1-25)
Sempre più spesso si parla di sviluppo sostenibile intendendo la capacità di assicurare la disponibilità delle risorse ambientali per le generazioni presenti e future e di tutelarne la qualità. Questa concezione di sviluppo tiene pertanto in considerazione non sole le esigenze di crescita economica, ma anche l’uomo e la natura, il diritto cioè di tutti gli esseri umani, soprattutto quelli più fragili dal punto di vista sociale ed economico, a poter disporre di un ambiente vivibile.
Ecco allora che il diritto all’ambiente così concepito rappresenta uno dei temi principali del dibattito internazionale degli ultimi decenni. Il primo documento di carattere internazionale ad occuparsi di diritto dell’ambiente venne elaborato durante la Conferenza di Stoccolma sull’ambiente del 1972 dove si afferma che “l’uomo ha un diritto fondamentale alla libertà, all’uguaglianza e ad adeguate condizioni di vita in un ambiente di una qualità che permetta un’esistenza in condizioni di dignità e benessere”.
La Carta Africana sui diritti umani e dei popoli del 1981 dispone che “tutti i popoli dovrebbero avere il diritto ad uno stato dell’ambiente soddisfacente e favorevole al proprio sviluppo (art.24)”. Analogamente nel 1988 la Convenzione americana sui diritti umani afferma: “ognuno dovrebbe godere del diritto di vivere in un ambiente salubre….è necessario che gli Stati promuovano la protezione, la conservazione ed il miglioramento delle condizioni dell’ambiente”.
Occorre però arrivare al 1992 quando si svolse a Rio de Janeiro il Summit della Terra delle Nazioni Unite per avere il più importante documento redatto dalla comunità internazionale per quel che riguarda azioni, regole e strumenti giuridici sulla tutela dell’ambiente e sull’affermazione del diritto allo sviluppo sostenibile. Nella Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 2000 vengono poi delineati otto obiettivi per lo sviluppo e l’eliminazione della povertà da raggiungere entro il 2015. L’obiettivo numero sette afferma la necessità di “garantire la sostenibilità ambientale e preservare per le generazioni future la capacità riproduttiva degli ecosistemi naturali arrestando la distruzione delle risorse ambientali”.
Nella Dichiarazione di Rio viene inoltre introdotto il concetto che la maggior responsabilità per la distruzione ambientale e l’aumento della povertà nei paesi poveri è dei Paesi industrializzati ed evidenzia il diritto allo sviluppo per i Paesi del sud del mondo. E’ facilmente intuibile lo stretto legame tra la diffusa povertà e le alterazioni ambientali dovute allo sfruttamento intensivo e squilibrato delle risorse naturali. Nei Paesi in via di sviluppo infatti, l’agricoltura incide per oltre un quarto nella composizione del prodotto interno lordo. La maggior parte delle persone vive nelle aree rurali basando la propria sopravvivenza sula produzione, sul consumo e sulla vendita di prodotti naturali. Ecco allora come la riduzione delle terre coltivabili dovuta ai danni ambientali generati dai cambiamenti climatici legati al riscaldamento della Terra, si pensi ad esempio alle popolazioni costiere costrette a subire perdite nei terreni coltivabili a causa dell’innalzamento del mare o al processo di desertificazione, comporta la contrazione della produttività agricola e l’aumento della fame.
La conclusione la lascio a Papa Giovanni Paolo II che nell’enciclica Centesimus Annus afferma: ”l’uomo preso dal desiderio di avere e di godere, più che di essere e di crescere, consuma in maniera eccessiva e disordinata le risorse della terra e della sua stessa vita…. L’uomo che scopre la sua capacità di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo con il proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio. Egli pensa di poter disporre arbitrariamente della Terra, assoggettandola senza riserve alla sua volontà, come se essa non avesse una propria forma ed una destinazione anteriore datale da Dio, che l’uomo può si sviluppare ma non deve tradire…”.
In principio Dio creò il cielo e la terra… e Dio vide che era cosa buona.
Sabina, Comitato VIS San Marco Un Mondo Possibile 2009