Adulti e Scout: Sono solo tre parole…
Sul finire della seconda guerra mondiale, man mano che gli eserciti alleati avanzavano dal sud verso il nord della penisola, i “vecchi scout”, coloro cioè che nel 1928 avevano subito lo scioglimento voluto dal fascismo, riaprivano le sedi dell’ASCI e raggruppavano nello scoutismo ragazzi di tutte le regioni.
A questo proposito, già nel settembre del 1943 Mario Mazza, aveva fatto pervenire, con i mezzi più disparati, una circolare clandestina ai Commissari regionali in carica al momento dello scioglimento. Nella medesima estate del ’43 il nostro fondatore in accordo con monsignor Rusticoni, aveva richiamato al lavoro i Commissari Centrali dell’ASCI in carica nel 1928. Le riunioni si tennero a Roma, in quella che ancora oggi è la sede dell’Ordinariato Militare, in via salita del Grillo n. 36 a poche centinaia di metri da Piazza Venezia. Fin da quelle prime assemblee, Mazza dichiarò che sarebbe stato necessario aggiungere una nuova branca all’ASCI, che affiancasse le categorie dei giovani, ed esattamente la categoria degli “ adulti scout”. Augusto Lupoli, entusiasta dell’idea, chiamò immediatamente a raccolta i vecchi amici di sempre, e il 26 novembre dello stesso anno fondò, in una Roma ancora militarmente occupata, la prima “Compagnia dei Cavalieri di San Giorgio” che battezzò: <<I cercatori di sentieri>>.
Nel rievocare questi eventi della storia dello scoutismo cattolico italiano, mi è venuto da pensare che lo “Spirito” soffia nei momenti più impensati e comunque secondo categorie temporali diverse dalle nostre. In un momento storico in cui, a ciascun adulto scout doveva sembrare chiaro da che parte stesse la verità e da che parte il torto, questi fratelli, hanno saputo evidenziare quella che credo sia la nostra caratteristica più originale: essere, “cercatori”, essere “cercatori di sentieri”, essere, in quanto scout, uomini e donne alla costante ricerca dei sentieri della verità. Voglio pensare che non sia un caso, se nella parte iniziale di “scautismo per adulti” (Ediz. Paoline 1991) , gli autori evidenzino che prima di affrontare gli aspetti metodologici dello scoutismo per adulti, occorre ribadire una caratteristica fondamentale delle comunità di adulti scout, una caratteristica in assenza della quale tutta la successiva riflessione metodologica è priva di senso.
Chi ha fatto il capo scout nei movimenti giovanili sa che con i bambini si può far leva sul gioco e sull’ambiente fantastico, con i ragazzi sullo spirito di squadriglia e di avventura e con i giovani sull’idealismo, sull’entusiasmo e sulla grande sensibilità per i problemi sociali. In una comunità di adulti è molto diverso, ci si trova tra gente con una storia personale, un carattere ormai delineato, con scelte già maturate, gente oberata da impegni lavorativi e familiari, gente con problematiche complesse ed a volte con frustrazioni esistenziali. Tenere assieme un gruppo di questo tipo è molto difficile, del resto il mondo degli adulti è difficile. Una comunità di adulti scout è una comunità tra persone differenti rispetto al sesso, all’età, allo stato sociale, alla cultura, all’essere coppia o singoli, alla vocazioni, alla stessa diversità di vivere l’opzione politica e l’esperienza religiosa pur nella condivisione irrinunciabile dell’Annuncio Pasquale: “Cristo è morto e risorto”.
In altri termini, l’unità dello scoutismo cattolico degli adulti, che pur esiste, è un bene irrinunciabile che tuttavia, nel rispetto della diversità intesa come ricchezza, va costantemente ricercata e costruita giorno per giorno tutti insieme. Una comunità di adulti scout deve praticare l’unità nella diversità, e deve combattere la tentazione della omologazione, tentazione che conduce a ricercare l’incontro tra eguali, tentazione che conduce alla “solitudine intellettuale” ed all’inaridimento operativo. Occorre che la comunità, e per essa soprattutto il magister, gestisca, valorizzi e dia dignità a tutte le diversità. Come bene si evidenzia nella pubblicazione sopra citata, il primo pericolo che una comunità di adulti scout deve combattere è quello della “sindrome da club”. Chi anima una comunità dovrebbe avere una grande capacità di attenzione ai problemi ed alle esigenze di tutti, evitando il protagonismo di alcuni e favorendo, per contro, la realizzazione di ognuno. Quando questo non si realizza la comunità vive il dramma della dispersione e del disimpegno progressivo dei suoi componenti, e questo genera spesso un senso di frustrazione e di delusione in chi, in qualche maniera, si è speso per far nascere il gruppo.
La delusione di vedere disgiunti fatica e risultati, di investire molto lavoro, per nessun risultato apprezzabile, genera pessimismo e disimpegno nei più generosi e nei più attivi. A questo vero e proprio cancro associativo bisogna porre riparo esortando tutti a respingere due facili tentazioni e, per contro, ad impegnarsi a promuovere, attualizzare e vivere sempre più intensamente la proposta educativa di uno scoutismo per adulti:
La prima tentazione da respingere e quella della “resa”: sedersi sulla sponda del fiume e lasciare che la storia ci scorra davanti. E’ la tentazione di chi avendo investito molto di sé nella comunità, quando i risultati non corrispondono all’impegno profuso, abbandona con amarezza fin dal sorgere del primo conflitto. Occorre invece, pur non rinunciando alle proprie idee, imparare a convivere con le inevitabili conflittualità, accettarle, ma soprattutto imparare a disinnescarle, approfondendo le proprie conoscenza sulle dinamiche di gruppo.
La seconda tentazione da respingere è, all’opposto, quella dell’integralismo. La tentazione di rinchiudersi nella inossidabile sicurezza delle certezze ideologiche, delle verità prefabbricate, delle parole d’ordine, con la conseguente tendenza a costruirsi una “comunità privata” che escluda chi non è simile a noi, in altri termini ad “usare” il Movimento per i propri fini: è questa la tentazione dell’orgoglio ideologico.
Alla resa ed all’orgoglio ideologico si deve contrappone la “proposta educativa del Movimento”, la proposta di un gruppo di persone adulte che “fanno strada”: Adulti, consci dei limiti della propria “adultità”. Adulti che, coscienti di essere in possesso di certezze relative esposte costantemente a confutazione da parte della dura lezione della storia, si impegnano in un percorso di educazione permanente attraverso il servizio. Adulti che praticano l’accoglienza dell’altro, che vivono l’attesa gioiosa dell’incontro con nuovi compagni di viaggio, che esercitano il coraggio di riprendere il cammino dopo ogni delusione, che non rinunciano alla sfida di imparare dalle proprie sconfitte, e quando perdono, “non perdono la lezione”. Adulti che coltivano il gusto e l’entusiasmo di esplorare nuove strade, rimanendo sempre saldamente fedeli alla propria storia, alla propria identità ed ai propri valori.
Il titolo di questo articolo, riecheggia volutamente la prima strofa di una vecchia canzone: “sono solo tre parole… ” perché è mia personale convinzione (e come tale sicuramente opinabile) che anche l’impegno per lo sviluppo ed il consolidamento di un movimento scout per adulti si possa sintetizzare in tre parole: storia, identità e… amicizia. Credo infatti che al di la di ogni più o meno dotta disamina la “conditio sine qua non” per lo sviluppo, sia in estrema sintesi: (1) La capacità di amare il Movimento e la sua storia. (2) La capacità di avere il giusto orgoglio della propria identità di adulti-scout . (3) La capacità, ma soprattutto la volontà, di creare tra tutti gli A/S legami di sincera e salda amicizia; perché l’esperienza dimostra che “solo tra amici” avere idee diverse è una ricchezza in più.
Abbiamo festeggiato da poco i 100 anni del metodo scout, lasciatemi terminare con un augurio, che è una speranza: L’augurio che, come la prima compagnia dei cavalieri di San Giorgio, possa consolidarsi in Italia e a livello internazionale un movimento di <<cercatori di sentieri>>. Un movimento di uomini e donne, Adulti e Scout, capaci di sapersi accogliere pur nella diversità. Un movimento sempre in cammino sulla “strada”, su di una “strada di libertà”, così, come il domenicano padre Forestier, indimenticato Assistente Nazionale degli scout Francesi, definì lo scoutismo.
Francesco Marchetti Comunità MASCI – Lamezia Terme 1° “Neocastrum”
Mai verità fu più grande…grazie fratello scout…grazie soprattutto per l’analisi semplice e vera allo stesso tempo…il mio personale parere è che qualcuno sappia interiorizzare quanto letto e tradurlo in parole in Co.Ca. Non sempre luogo di incontro e fraternità, anzi a volte luogo di attacco personale a chi dissente dal coro. Non perchè rivendichi “il metodo personale”…ma solo perchè denuncia differenze educative. Insomma bisogna finirla con il “si è sempre fatto così”….i tempi cambiano….non bisogna cambiare la “proposta”, ma adattarla, calarla ai nostri giorni ed alle nostre realtà si….Quindi ben vengano analisi come la tua…dove si evidenzia la ricchezza della diversità unita al fine di perseguire ad un unico scopo…Lo scoutismo! Chea grande invenzione!!! Un adulto che odiava gli scout ed ora non li lascia più!