Di ritorno da Scaletta Zanclea e Giampilieri


Dopo l’uscita dei passaggi con mille emozioni in testa… Arrivo a casa, questa volta però non devo disfare subito lo zaino…doccia, cena terza torta! Domani si parte di nuovo: devo sbrigarmi ma me la prendo con calma e così mi ritrovo assonnato a mettere nuova attrezzatura nello zaino…

La mattina la squadra con cui condividerò i tre giorni successivi è pronta…siamo in nove: mario e luciano dell’acireale 5 e marcello, salvo, danilo, ciccio neri, ciccio dema, matteo e io dell’acireale 4. Dopo avere comprato gli stivali, che si riveleranno essenziali, partiamo! Una tre giorni di ci aspetta, la nostra meta è Scaletta Zanclea! Le macchine piene di attrezzi fedeli: pale, picconi e anche una carriola. Formiamo un trenino di auto anomalo!

Arrivati a Roccalumera l’autostrada lascia posto alla statale jonica che a poco a poco inizia a presentare i segni dell’alluvione del primo ottobre: polvere per le strade e camion pieni di terra. E’ questo che vediamo, per ora. Dopo un po’ di curve, arriviamo al Municipio di Scaletta Zanclea. Alla funzione ci dicono che dal 10 ottobre (due giorni prima) la registrazione dei deve essere effettuata a Roccalumera (!). Pieni di buona volontà ripercorriamo in senso inverso gli 11 km di statale che separano Scaletta da Roccalumera e arrivati al COC ci registriamo! Tornati a Scaletta ci dirigiamo verso il luogo in cuoi andremo a prestare servizio.

E intanto iniziamo a osservare: i camion pieni di materiale fanno avanti e indietro e a poco a poco ci rendiamo conto della gravità della situazione. Mezzi meccanici di ogni genere lavorano il fango: alcune ruspe lo spostano, altre lo raccolgono riempiendone i camion, grandi caterpillar toccano la terra con una delicatezza che non ti aspetteresti, laddove è necessario. La prima impressione è quella che avevamo temuto: le immagini e le notizie che ci sono arrivate non riescono a descrivere in modo opportuno la situazione che abbiamo davanti. Fango, fango e fango. Le strade mostrano i segni della marea nera che le ha sommerse fino a pochi giorni prima. Il fango si è fermato poco sotto i balconi dei primi piani delle abitazioni e quindi ha riempito prepotentemente tutti i piani terra, senza distinzione tra abitazioni ed esercizi commerciali. Una ferramenta è piena di barattoli di vernice sporchi messi in pile, rotoli di carta vetrata vengono trasferiti altrove…detriti e macerie ovunque lungo la strada, ammassi di ogni genere sono presenti davanti alle case: mobili distrutti, fango, pietre e qualsiasi altra cosa.

Tutto ciò che ci circonda parla dell’onda di oltre 5 metri che ha travolto tutto. Le ruspe hanno tolto i 4 metri di fango che ricoprivano la strada principale, ma all’interno di molte abitazioni, nel piano terra, si trova ancora fango alto non meno di 1.70 metri, per tutta l’estensione dell’appartamento. Di alcuni palazzi che si trovavano nella direzione della foce del torrente (che si è ingrandita di molto) si trova ben poco, li hanno abbattuti, o comunque hanno messo in sicurezza quel poco che ne resta. La prima domanda che ci sorge è: qual è la causa di tutto ciò? E poi ancora: com’è possibile che dei palazzi siano costruiti in questo modo, con tutte le autorizzazioni del caso?!

Nei giorni seguiti al disastro idrogeologico messinese molti hanno dato la colpa all’abusivismo, in questo modo le zone colpite sono state penalizzate dall’opinione civile, e la disinformazione ha regnato sovrana. Sicuramente l’abusivismo ha le sue colpe, perchè ad esempio possiamo ancora notare case (senza nessun danno peraltro) appoggiate ai piloni dell’autostrada…ma il dubbio che ci viene è questo: forse il problema è da ricercare nella mentalità del clientelismo e delle autorizzazioni troppo facili? Forse ci si dimentica presto che lì un tempo scorreva molta acqua e superficialmente si cade nel tranello, vedendo che il letto del torrente è un rigagnolo da tempo?

In altre parole: il rispetto del territorio e la sua messa in sicurezza (preventiva) lasciano il posto alla cultura del “non è mai successo niente”….ma sono solo opinioni personali, facili da esternare a fatto compiuto. Adesso i palazzi sono sotto sequestro e grandi travi di cemento armato sono state tagliate e catalogate (oltre 70 pezzi) e ci sono delle indagini che senz’altro ci diranno cause e responsabilità. Presto capiamo che Scaletta si sviluppa per lunghezza ai lati della strada principale (la statale jonica) ed è limitata a est dalla linea ferrata (oltre la quale c’è la spiaggia) e a ovest dall’autostrada. Il tutto in due vallate attraversate da due torrenti. Una tratta di ferrovia, che era stata sommersa dal fango, è stata prontamente rifatta, nel suo unico binario esistente (!).

Il fango che ha coperto ogni cosa però non proviene dalle colline circostanti che sembrano aver retto ai 230 millimetri di pioggia che si sono riversati tutti in una volta (in 4 – 5 ore sembra) su questa area. Il fango proviene da colline più a monte: 3-4 km più sopra, ci dicono, forse. Il fango è un ammasso di terra, acqua e altro…dove per “altro” si intende di tutto: pietre piccole, pietre grosse e radici, alberi e infissi, massi di decine di tonnellate (immensi, distrutti dai giganti meccanici) che si sono anche appoggiati ai piloni dell’autostrada… Le macchine, decine e decine, sono ridotte ad ammassi grigi irriconoscibili…lamiere tagliate e piegate come fogli di alluminio…che si sono scontrati contro i palazzi, distruggendone alcuni.

In questo scenario, molto simile a quello di una guerra, come quelli che tutti abbiamo tristemente visto in televisione, si inseriscono i mezzi meccanici che lavorano senza sosta. In giro notiamo anche molte divise, alcune anche troppo pulite forse…ma per noi è arrivato il momento di metterci all’opera, di sporcarci. Lavoriamo accanto ai ragazzi e alle ragazze dell’esercito, nella casa del signor Mimmo e nella casa adiacente di sua madre. Anche un nipote di Mimmo, Francesco, ci aiuta a togliere il fango a colpi di piccone. In questa casa abitava la madre di Mimmo che quel giorno si era recata da parenti: scelta fortuita visto che avviene poche volte all’anno. Per entrare in questo appartamento passiamo da diversi appartamenti già liberi dal fango, così che all’inizio fatichiamo a orientarci tra le diverse abitazioni.

Ci dividiamo in gruppi di tre minimo (carriola piccone e pala…) e iniziamo a svuotare la casa dal fango. Si inizia con i colpi di piccone, si raccoglie con la pala e il tira-acqua (rastrello senza denti) ci da una mano! Le carriole si riempiono presto, non senza fatica, e a poco a poco qualche risultato si vede. Quando però un piccolo mezzo meccanico ci viene in aiuto siamo tutti più contenti! Ulisse è il nome del conducente di questo strano mezzo che svolge un sicuramente diverso da quello per cui è stato progettato! Noi lavoriamo di piccone e pala per liberare il fango dagli oggetti che si trovano dentro la casa…e poi Ulisse cerca di raccogliere il fango. Tiriamo fuori le cose più strane, dalle ingombranti reti e materassi che ci ostruiscono la strada a piccoli soprammobili, come una conchiglia. Troviamo i quaderni della scuola media di una bambina (che ora ha il terrore del fango). Troviamo un televisore pesantissimo pieno di fango e molto altro, una radio…libri, comodini…lampadari e ancora massi e radici…c’è di tutto. La porta di ingresso dell’appartamento è bloccata a metà corridoio, riusciremo a toglierla il secondo giorno: è semi sommersa. I contatori dell’acqua (da cui esce acqua che si mescola al fango) sono sommersi nel fango, i vestiti dentro gli armadi sono imbrattati e maleodoranti…tutto è intriso di questo odore che abbiamo imparato a conoscere: l’odore del fango. A volte capita che, aprendo un mobile, oltre ad uscirne oggetti pieni di fango esca anche acqua dall’odore insopportabile.

Quando arriviamo al fondo notiamo che i pavimenti della casa si sono inclinati sotto il peso del fango…qua e là qualche oggetto recuperato: una sedia esce intatta, il libro di twilight sporco…una cassetta piena di bottiglie di birra, ripiene di salsa fatta in casa, esce da una stanza… Tutto per il proprietario della casa ha una valore che noi non possiamo capire. In fin dei conti siamo degli estranei in casa di altri, che ci apriamo strada in uno stretto corridoio o in una stanza da letto o in cucina o in bagno, aiutandoci con un piccone, cercando di liberare quelle pareti. In due casi dobbiamo buttare giù un bel pezzo di muro, perchè risulta impossibile aprirci un varco dalla porta della stanza… A poco a poco i risultati si vedono e lavoriamo due giorni in questo modo. In alcuni posti solo di piccone, pala e carriola, in altri con l’aiuto di Ulisse, seguace di Jean Jacques Rousseau di cui ha letto anche qualche libro. Dal fango emergono gli oggetti più strani: una vecchia scatola di latta nasconde al suo interno una collezione di ami da pesca.

La sera andiamo a dormire nella scuola elementare vicina al Municipio: quattro brandine per nove persone e tanta naftalina. La stanchezza è tanta ma una ripulita è quello che ci serve, prima di andare a cenare alla mensa attrezzata nella palestra della vicina scuola media. A pranzo invece mangiamo sul posto, con i sacchetti che ci consegna la moglie del sindaco, sindaco che abbiamo conosciuto il primo giorno in piazza. Il terzo giorno (ieri 14 ottobre) il tempo minaccia pioggia ma ci rechiamo lo stesso alla casa del signor Mimmo (insegnante di francese). Appena arriviamo sul posto la ci informa che c’è un’allerta meteo e che quindi dobbiamo andare via. Dopo un primo momento di incertezza torniamo subito alla scuola elementare e troviamo comunque lavoro in quanto ci sono dei generi di prima necessità da sistemare e dividere.

Andiamo a mensa, festeggiamo il compleanno di uno di noi con una torta e nel pomeriggio decidiamo di passare da Giampilieri per renderci conto della situazione, prima di ritornare ad Acireale. Arrivati a Giampilieri quello che ci si presenta è uno scenario diverso, che ha causato danni più o meno simili ma più gravi. Giampilieri, che è una frazione di Messina, si trova in una vallata molto più stretta rispetto a quella di Scaletta. Il torrente ha un letto molto più grande ma, e qua sta la grande differenza, il fango che ha ricoperto le strade e che è entrato nelle case proviene dalle colline circostanti che non hanno retto alla pioggia e si sono sgretolate su se stesse. Lo spiegamento di vigili del fuoco è notevole: sia di uomini che di mezzi. Da ogni lato un pezzo di collina è scesa giù ricoprendo le strade, che nonostante il grande impiego di mezzi sono ancora in parte piene di fango. Soprattutto le strette vanedde tipiche di questa frazione, dove i bobcat rossi dei vigili del fuoco tolgono fango di continuo.

L’esercito è presente e riceve gli ordini dai vigili del fuoco che danno il permesso per entrare in un edificio o in un altro. Ci rendiamo conto di come siano differenti i due disastri idrogeologici e di come la messa in sicurezza di Giampilieri appaia davvero un’opera lunga. Le colline sono lì pronte per franare ancora, nude e senza vegetazione se non poche macchie qua e là. La popolazione è completamente sfollata e apprendiamo però che qualche vecchietto viene la mattina alle 5 e mezza per andare a casa sua, rischiando. Ci viene riferito che in altre due frazioni sopra Giampilieri che si chiamano Molino e Atolia la situazione è la stessa e in più alcuni si ostinano a dormire nelle proprie abitazioni. C’è il timore inoltre che tante persone non registrate, quali badanti o altro siano altre vittime ignote di questa disastrosa alluvione.

Un altro interrogativo ci fa riflettere: quanto hanno influito gli incendi che hanno colpito la zona di Scaletta e Giampilieri nelle scorse estati? Qual è il vero peso che dovrebbero portare addosso delinquenti che ci ostiniamo a chiamare solo vili piromani? Dopo aver parlato con un gentile sergente dell’esercito (in passato scout, credo) ce ne ritorniamo per sbrigare le pratiche per il rimborso del carburante…e quindi arriviamo a casa…

Alcune considerazioni mi sembrano dovute:

Tuta, equipaggiamento e mezzo di trasporto, dovrebbero esserci fornite in qualche modo dal dipartimento della protezione civile o dal settore EPC Sicilia ( protezione civile). Abbiamo usufruito del rimborso carburante e dei pasti alla mensa, ma utilizzato attrezzature personali. Inoltre la coordinazione regionale agesci risulta scarsa. Siamo stati attivati come squadra dal responsabile regionale ma abbiamo avuto modo di entrare in contatto con la pattuglia EPC della zona di Messina (zona dello stretto) solo perchè mi ha telefonato un membro della pattuglia EPC che ho conosciuto al mio CMF, e ci siamo così potuti vedere a Scaletta, facendo il punto della situazione, alla fine del nostro secondo giorno di servizio.

Il nostro pensiero e va a tutti quelli che hanno perso persone care e a quelli che si trovano in situazioni precarie, sperando che presto trovino il modo e la forza per risollevarsi e ricominciare. Quel che abbiamo fatto è piccola cosa, e progettiamo di poter tornare sui luoghi nei prossimi giorni, sperando che nessuno lasci da sole queste persone…

Servizio svolto i giorni 12-13-14 ottobre 2009 a Scaletta Zanclea

In questa foto dall’alto e da sinistra verso destra: Salvo, Mario, Ulisse, Danilo, Mimmo, Mister scavatore, Marcello, Ettore, Francesco, Ciccio Dema, Ciccio Neri, Matteo

Testo di Ettore Musmeci Foto di Ciccio Dema