Andate, che state a fare con le mani in mano?
Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. (Mc 16, 15-16)
L’uomo è per sua natura un pellegrino, un viaggiatore, lo è stato nei secoli più antichi, quando c’era solo il cavallo o la barca, lo è oggi con tutti i mezzi di trasporto più moderni. Fa parte della sua natura essere cercatore, scopritore, contemplatore del creato, della natura. Soprattutto è viandante perché ha dentro di sé una forza incoercibile che è quella di far sapere, di comunicare, di rendere partecipe l’altro della gioia che vive. L’uomo non è fatto per tenere per sé, ma per offrire e trova la sua gioia nel condividere. Per questo alla fine del vangelo di Marco c’è un comando perentorio di Gesù, un comando che destabilizza, che non permette di stare chiusi nel proprio egoismo, ma apre all’inedito di Dio, alla sua novità assoluta: andate. Non si può star fermi quando si è visto che è giunta la pienezza dei tempi. Gli apostoli hanno fatto molta fatica a entrare in questo ordine di idee. Già era sembrata di averla scampata bella quando hanno saputo che Gesù era vivo, che il Sinedrio non aveva detto l’ultima parola su di Lui; grazie a Dio lo avevano incontrato risorto, dopo i giorni bui della passione e morte.
Ecco, si dicono i discepoli, adesso le cose sono state ben sistemate. Si sa chi ha colpa, si sa che Gesù è risorto e questo ci dà una grande serenità. Il male non vince, gli inferi sono spalancati. Questo Gesù ci ha veramente riconciliati con le nostre radici e ci ha anche aiutato a dare alla nostra vita la sua dignità. In questo stato d’animo si sarebbero adagiati se non avessero avuto questo comando perentorio: andate.
Non sono venuto al mondo solo per aggiornare la vostra vita religiosa, sono venuto a portare un fuoco e voglio che divampi. I confini del popolo di Israele sono troppo angusti, occorre prendere il largo; la mia casa è il mondo, la Parola deve correre ovunque, la salvezza è per tutti. La gente di ogni razza si attende di incontrare la salvezza che voi avete incontrato. C’è un avvenimento sconvolgente che deve essere vissuto da tutti: il vangelo è una speranza per ogni uomo.
Nell’intensità di un serio lavoro di ricostruzione della interiorità di ogni cristiano, in ogni cammino di conversione si deve inscrivere un movimento missionario, una andata nel mondo ad annunciare, proprio perché è Gesù che vogliamo imitare. Noi crediamo nella risurrezione, per questo non temiamo la morte; noi sappiamo che Dio è somma giustizia, per questo amiamo gli ultimi; noi osiamo non spaventarci della croce, per questo sappiamo anche soffrire per una causa o una vita. Beati tutti quelli che sanno prendere posizione per me: sarete insultati, messi fuori giro, davanti a voi spegneranno le dirette televisive, non sarete trend, dovrete sempre ricominciare da capo. Ma sappiate che io sarò sempre lì con voi, Io nella mia vita ho sempre fatto così e voglio essere la vostra felicità. Io, non le mie cose, o i miei pensieri, io nel massimo dell’intimità della vita. Sappiate che nel vostro andare c’è sempre la mia presenza, il cielo non è mai vuoto è sempre aperto sui vostri cammini in tutto il mondo. Gli apostoli capiranno come obbedire a questo comando dalla vita, dalle persecuzioni.
Paolo lo capisce quando in un processo che volevano intentargli i Giudei, si dichiara cittadino romano e per questo ha diritto di essere giudicato a Roma dall’imperatore e parte per Roma, dove annuncia Gesù, dove il vangelo prende casa, nel cuore del mondo di allora. Il mandato di andare è la scelta di Dio di abitare il mondo, dimostrando di non abbandonare nessun popolo, nessuna nazione.
Domenico Sigalini (Teologo Borèl)