Giorno del Ricordo – 10 Febbraio 2011
10 Febbraio 2011 Foibe dalla Tragedia all’Esodo
Preghiera O Dio, Signore della vita e della morte, della luce e delle tenebre, dalla profondità di questa terra e di questo nostro dolore noi gridiamo a Te. Ascolta, o Signore, la nostra voce. Noi siamo venuti qui per innalzare le nostre povere preghiere e deporre i nostri fiori, ma anche per apprendere l’insegnamento che sale dal sacrificio di questi Morti. E ci rivolgiamo a Te, perchè Tu hai raccolto l’ultimo loro grido, l’ultimo loro respiro. Questo calvario, col vertice sprofondato nelle viscere della terra, costituisce una grande cattedra, che indica nella giustizia e nell’amore le vie della pace. Ebbene, Signore, principe della Pace, concedi a noi la tua pace. Dona conforto alle spose, alle madri, alle sorelle, ai figli di coloro che si trovano in tutte le foibe di questa nostra triste terra, e a tutti noi che siamo vivi e sentiamo pesare ogni giorno sul cuore la pena per questi Morti, profonda come le voragini che li accolgono. Tu sei il vivente, O Signore, e in Te essi vivono. Che se ancora la loro purificazione non è perfetta, noi ti offriamo, o Dio Santo e Giusto, la nostra preghiera, la nostra angoscia, i nostri sacrifici, perchè giungano presto a gioire dello splendore del Tuo Volto. E a noi dona rassegnazione e fortezza, saggezza e bontà. Tu ci hai detto: “Beati i misericordiosi perchè saranno chiamati figli di Dio, beati coloro che piangono perchè saranno consolati “, ma anche beati quelli che hanno fame e sete di giustizia perchè saranno saziati in Te, o Signore, perchè è sempre apparente e transeùnte il trionfo dell’iniquità. Monsignor Antonio Santìn Vescovo di Trieste – 1959
SESSANTACINQUE ANNI DOPO LA STRAGE DI VERGAROLLA
una grande Stele in memoria dei Caduti scoperta a Trieste nella Zona Sacra di San Giusto
Vergarolla è una piccola spiaggia del Golfo di Pola, a breve distanza dal centro cittadino, dove il 18 agosto 1946 fu perpetrato un delitto contro l’umanità: la più grande strage non dovuta a cause naturali che sia mai stata compiuta sul territorio italiano in tempo di pace (all’epoca, la guerra era finita da 16 mesi ed il capoluogo istriano apparteneva sempre all’Italia, che lo avrebbe ceduto alla Jugoslavia col trattato di pace, o meglio col “diktat” del successivo 10 febbraio).
Si legge spesso che il triste primato apparterrebbe alla bomba esplosa alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980, capace di uccidere 85 persone, ma si dimentica che a Vergarolla ci furono oltre cento Vittime (il numero esatto non è noto, perché molte furono letteralmente disintegrate da dieci tonnellate di tritolo contenute in circa trenta mine di profondità accatastate sulla spiaggia, ma una testimonianza assai attendibile come quella di Padre Flaminio Rocchi lo ha definito in 109). Va precisato che tutti i Caduti furono Italiani, perché Pola era una città italiana.
La matrice terroristica dell’evento fu subito chiara, in specie per gli abitanti di Pola, la cui scelta per l’Esodo venne tragicamente consolidata dall’attentato, tanto che nel giro di pochi mesi coloro che lasciarono i propri focolari, le proprie attività e le tombe di famiglia, ovvero gli affetti più cari, furono pari al 92 per cento della popolazione. A conti fatti, restarono appena tremila persone: il 15 settembre 1947, data del passaggio di sovranità, Pola era una città deserta.
Alcuni anni or sono, l’apertura degli Archivi del Foreign Office (l’amministrazione di Pola era in mano britannica) ha chiarito definitivamente la vicenda anche sul piano formale, dando nome e cognome ad un gruppo di attentatori appartenenti all’OZNA, la polizia politica del regime jugoslavo. La guerra era un ricordo tuttora angoscioso, ma in quella bella domenica di agosto si voleva soltanto celebrare il sessantesimo anniversario della gloriosa Società “Pietas Julia” con una manifestazione sportiva d’interesse nazionale (Coppa Scarioni): le sorti del capoluogo istriano erano appese ad un filo, eppure la speranza era sempre in vita. Fu spenta in un baleno, nello schianto di un’esplosione terrificante.
A proposito delle matrici dell’eccidio, si deve aggiungere (onde cancellare gli ultimi dubbi meramente strumentali e pervicacemente alimentati da qualche nostalgico del vecchio regime jugoslavo) che l’ultimo numero di “Istria Europa” riporta una nuova testimonianza del Direttore Lino Vivoda, ex Sindaco del Comune di Pola in Esilio, secondo questa testimonianza, un responsabile dell’efferato delitto fu vinto dal rimorso per la barbarie compiuta e chiese perdono prima di suicidarsi. In merito, si deve soltanto dire che i delitti contro l’umanità danno luogo a reati eticamente imprescrittibili, la cui remissione può essere affidata alla sola, infinita pietà del “Dio che atterra e suscita”. Nella strage di Vergarolla Lino Vivoda perse tre parenti, il fratellino Sergio di otto anni, il Santolo Francesco Toniolo di 48 anni e la Santola Maria Novak Toniolo di 45 anni.
La scopertura di una grande Stele eretta in memoria delle Vittime nella Zona Sacra di San Giusto, che ha avuto luogo il 18 agosto, ricorrendo il sessantacinquesimo anniversario della strage, acquista un significato che non è soltanto simbolico.
Infatti, il monumento intende affidare al compianto ed alla preghiera dei posteri il ricordo delle Vittime innocenti, fra cui tante donne e tanti bambini (l’età media è stata calcolata in 26 anni), ma nello stesso tempo costituire un monito a percorrere universalmente “le vie della Giustizia e dell’Amore” secondo l’auspicio di Mons. Antonio Santin, l’eroico Vescovo di Trieste durante gli anni bui, ben ricordato nell’allocuzione che il Gen. Riccardo Basile, Presidente della Federazione Grigioverde e della Famiglia di Pola in Esilio, ha pronunciato nella circostanza, ricordando il fatto storico, le sue matrici, e soprattutto le conseguenze, tradottesi in un Esodo davvero plebiscitario.
Sono intervenuti, assieme a diversi Congiunti delle Vittime, il Comune di Trieste in persona dell’Assessore Edera con il Gonfalone cittadino decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare, cui sono stati resi gli onori di prammatica; l’Amministrazione Provinciale con l’Assessore De Francesco, le Associazioni d’Arma presenti nella Grigioverde, il Libero Comune di Pola in Esilio col Vice Sindaco Sidari ed il Consigliere Vivoda, l’ADES e le Organizzazioni degli Istriani con il Presidente Lacota e le Famiglie aderenti (tutte con i propri Labari). Particolarmente cospicua è stata la presenza dell’ANA, con la Sezione di Trieste ed il Gruppo di Grado e Fossalon a cui appartiene, tra gli altri, il Parroco Don Edoardo Gasperini, testimone miracolosamente scampato alla strage di Vergarolla.
Prima della benedizione, impartita da Don Gherbaz, Esule da Lussino, la signora Annamaria Muiesan Gaspari, Esule da Pirano e figlia di un Martire delle foibe, ha dato lettura dei Nomi delle Vittime identificate, riportati sulla Stele con l’indicazione delle rispettive età.
In apertura, il Presidente Basile aveva letto vari messaggi, ed in primo luogo quello fatto pervenire dal Vescovo di Trieste, Mons. Crepaldi, impossibilitato ad intervenire perché impegnato all’estero assieme al Santo Padre Benedetto XVI, ma presente alla cerimonia con espressioni di solidale e sensibile partecipazione.
Un forte applauso è stato riservato, poi, all’indirizzo di saluto inviato dal Prof. Daniele Ria, Sindaco di Tuglie (Lecce), città che ha manifestato costanti attenzioni nei confronti del dramma istriano, fiumano e dalmata – non solo nella celebrazione del “Giorno del Ricordo” – tanto da avere inviato a Trieste in rappresentanza del Comune due giovani studentesse concittadine, Francesca e Gloria, che hanno posato sul Monumento la corona votiva di rito ed hanno consegnato alle Autorità presenti, come omaggio dell’artigianato salentino al capoluogo giuliano, un bassorilievo ligneo raffigurante Piazza dell’Unità. Con questo gesto, Tuglie ha confermato una sensibilità patriottica particolarmente sentita, manifestata, tra l’altro, nel Sacrario eretto in onore della Madonnina del Grappa quale ricordo perpetuo dei Caduti nella prima Guerra Mondiale, fra cui tanti tugliesi.
Il Presidente Basile, tra i messaggi giunti, ha dato lettura anche di quello inviato da Wanda Muggia, che a Vergarolla perse il fratellino Vitaliano di 14 anni e che sfuggì alla strage per circostanze fortuite. Oggi, Wanda vive a Lucca: non ha avuto cuore di partecipare alla cerimonia, come ha evidenziato nel suo indirizzo di saluto, perché non avrebbe retto alla commozione, ma ha voluto testimoniare una sentita e commossa presenza spirituale.
Assai toccante è stato il momento in cui il vessillo tricolore posto sul grande Cippo in Pietra del Carso, dono della Cava Romana di Aurisina, è stato rimosso da due Esuli eredi dei Caduti (Elio Dinelli e Renata Succi Martin, che nella strage persero, rispettivamente, cinque e tre Congiunti); seguito subito dopo dalle struggenti note del Silenzio fuori ordinanza.
Non è un caso che la Stele, opera di Marco Mosetti che vi ha collocato circa 1500 elementi bronzei, sia stata collocata accanto a quella che ricorda i Volontari giuliani, istriani e dalmati decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare, tra cui coloro che, come Fabio Filzi e Nazario Sauro, lasciarono la vita sulle forche dell’Austria perché avevano un solo partito: l’Italia. Al pari dei 16.500 infoibati di cui alla ricerca di Luigi Papo e dei 350 mila Esuli che testimoniarono con la diaspora in tutto il mondo l’adesione ai valori “della Giustizia e dell’Amore” invocati da Mons. Antonio Santin, il grande Presule in odore di santità.
Esuli da Pola e parenti di Caduti