Olivier Reboul I VALORI DELL'EDUCAZIONE Editrice ÀNCORA & Fondazione Mons. A. Ghetti-Baden Che il sacro sia anteposto all'utile, |
Il libro o la lezione? La punizione o il premio?
Il gruppo o lindividuo? La patria o il mondo?
La formazione o laddestramento? Larte o la scienza?
Questi, e molti altri, sono i dilemmi che possono condizionare limpegno educativo.
Benché i valori abbiano avuto il compito di guidare verso traguardi sicuri, oggi appaiono
spesso, molto spesso, troppo belli per essere veri, troppo personali per suscitare un
confronto, troppo astratti per servire a qualcosa. Ripensare i valori, vagliarne la forza
trasformatrice e lincidenza nel quotidiano: ecco la sfida di questo libro.
Olivier Reboul ha insegnato Filosofia delleducazione presso lUniversità di
Montreal, prima di diventare docente allUniversità di Strasburgo. È autore di
numerose pubblicazioni.
La Presentazione alledizione italiana è stata curata dal Prof. Cesare Scurati,
Ordinario di Pedagogia presso lUniversità Cattolica del Sacro Cuore di Milano,
nonché coordinatore scientifico della presente collana.
Indice
Prefazione
Riprese e prospettive
Presentazione delledizione italiana
Un ritorno
Contenuti
La scuola
Curricolo e apprendimento
Esempi e processi
Valore e sentimento: lesempio della noia
Il giudizio di valore
Che cosa si deve intendere per valore delleducazione?
Quelli che non si possono dire valori delleducazione
Valori estranei alla vita?
Che significa imparare?
Imparare a vivere: uneducazione permanente
I druidi e noi
PERCHÉ SI LEGGE?
Ritorno ai druidi: le culture orali
La tradizione orale e la scrittura
La lettura, un cambiamento
La LEZIONE 0 IL LIBRO?
Le lezioni sono utili?
La lezione incatena?
La funzione essenziale delle lezioni
Un ATTO RELIGIOSO E UN ATTO CRITICO
Il Medioevo e noi
Come leggere
La perla: dal desiderio al sacrificio
Educazione e sacrificio
VALORE E REALTÀ
Valori astratti e valori concreti
È necessario che un valore esista?
IL RAGGIUNGIMENTO DEI VALORI
II desiderio e il desiderabile
Valori e gerarchia di valori
II male: quoddam bonum
La via negativa e la via diretta
Note sul sacrificio
Valori INTELLETTUALI, VALORI MORALI E VALORI ESTETICI
Capire per capire
Ciò che accade per nostra volontà
I valori estetici
La SPECIFICITÀ DEI VALORI MORALI
La moralità e linteresse
Il volontario
Un sacrificio fondato sulla ragione: morale e laicità
La SPECIFICITÀ DEI VALORI ESTETlCI
Conflitti
un piccolo lembo di muro giallo
Larte contro il reale
Larte contro la morale e Rousseau contro La Fontaine
Bambini o scolari?
Larte, unaltra verità
Relatività dei valori nelle diverse culture
Relatività dei valori nella nostra cultura
Tre risposte insufficienti
Bisogna tollerare lintolleranza?
Perché attenersi ai valori morali?
La LIBERTÀ ASSUNTA
Ciò che non possiamo ammettere
Costrizioni e determinismo
La pigrizia
La malattia
La RECIPROCITÀ
Lufficiale prussiano e lebreo devoto
La menzogna e la pigrizia
Il nazionalismo e il razzismo
L' APPARTENENZA ALL' UMANITÀ
Comunicazione
Uguaglianza
Solidarietà
Lumanità e leducazione
Sui dieci comandamenti
LEDUCAZIONE MORALE SECONDO DURKHEIM
Per una morale laica
Gli elementi fondamentali della moralità
La pedagogia della morale
RIFLESSIONI SU DURKHEIM
La morale e la scienza
La morale e la società: quale società?
PIAGET E LA FORMAZIONE MORALE DEL BAMBINO
Le esperienze di Piaget
Cè morale e morale
La RAGIONE E IL SACRO
Piaget contro Durkheim
Cooperazione razionale o solidarietà di banda?
Pedagogia di gruppo o di banda?
II maestro di scuola: un prete o un compagno?
La punizione educativa: unespiazione?
I bambini nelIacqua gelida del lago
Perché il sacro...?
CONCLUSIONE E INIZIO
La morale per i bambini?
Questuomo sei tu
Lespiazione: etica o patologia?
Gesù e ladultera
La legge
II maestro
La donna
Lezioni di morale per adulti
Un valore molto ambiguo
Il SENSO COMUNE: MATURITÀ ED ETÀ ADULTA
Aristotele e la maturità
Lattualità di Aristotele
Kant e la maggiore età
LADULTO PER LE SCIENZE UMANE
La psicologia genetica
Piaget in America: Erikson e Kohlberg
Bisogna rompere la vetrina del farmacista?
Gli stadi Kohlberg
Giudizio morale o giudizio intellettuale?
Freud, o ladulto impossibile
Le perversioni e la sessualità adulta
Luccisione del padre
Principio di piacere e principio di realtà: ladulto e la scienza
LIo, il Super-io e la morale
MILLENOVECENTOSESSANTOTTO
Lautorità
La serietà
La completezza
Elogio DELLADULTO
Ci si può fermare qui?
A cosa si oppone lessere adulto
Linfantile
Ladulto e leducazione
I FONDAMENTI DELLA PEDAGOGIA DEL GIUDIZIO
Il giudizio legato allintelligenza
Il giudizio legato alla saggezza
Lessenza del giudizio
Giudizio e democrazia: Alain
Dalla TRASPOSIZIONE DIDA1TICA ALLA CULTURA
una visione sbagliata della storia delleducazione È la scienza che
legittima linsegnamento
La cultura come elemento di giudizio
Tre esempi
Che COSÈ UN SIMBOLO?
Il simbolo illustra
Il simbolo collega
Il simbolo spinge allazione
Il simbolo suscita sentimenti
Il simbolo fa pensare
Ciò che il simbolo dice
I SIMBOLI C'OMPLESSI
Il simbolo e lallegoria
Un esempio: Cristoforo
Possiamo FARE A MENO DEI SIMBOLI?
Né razionale né efficace
Le buone maniere
Lonore
Istruzione, integrazione, argomentazione, riflessione
Uneducazione senza simboli e dei simboli senza educazione
La fine del sacro?
Il TOTALMENTE ALTRO E LE SUE AMBIGUITÀ
Le due grandi ambiguità
Sacrificio e sacrilegio
L' EDUCAZIONE DEL SACRO
La specializzazione del sacro
Socrate e la pietà
Lesempio della Bibbia
SACRO NELL' EDUCAZIONE
Chi è sacro?
La violenza e il sacro
Il sacro e la laicità
Lidolo
APPENDICE
Qualche valore
Bibliografia
Prefazione
«I testo o la lezione?», si chiede Reboul nella prima parte del suo lavoro, quella
dedicata ai fondamenti. E un modo per introdurre, partendo dal concreto,
lindagine sui valori educativi. Ma la domanda è già in sé di grande rilevanza,
non solo per quanti professionalmente sinteressano di scuola, ma per chiunque abbia
un impegno in campo educativo. La risposta è inizialmente molto netta: la lezione
incatena, la lettura libera. Poi il discorso, che sgretola dalle fondamenta ogni
nozionismo e qualsiasi tentazione manipolatoria, si va approfondendo.
Imparare a leggere significa vedere il pensiero come oggetto, un pensiero che
può essere preso o lasciato, che può essere letto, ma anche
riletto. Leggere insomma dà la possibilità di pensare il pensiero, cioè di
riflettere. Perché sia vero, ogni esercizio di lettura ha bisogno di due atteggiamenti
preliminari, cioè di due modalità di accostamento al testo: latteggiamento
religioso e quello critico.
Latteggiamento religioso garantisce la vera comprensione del messaggio. È
necessario che si affronti la lettura «con lo stesso rispetto, con la stessa attenzione,
con la stessa speranza che può avere un credente». A proposito di «un testo rivoltante
come Mein Kampf» Reboul dice: «se i suoi contemporanei lavessero veramente letto,
avrebbero evitato di subire il suo autore».
Latteggiamento critico è necessario soprattutto verso quelle pagine che
coinvolgono, che ci stanno simpatiche, perché solo così possiamo sperare di
capire veramente il motivo del loro fascino e della nostra adesione.
E la lezione?
Anzitutto Reboul ci ricorda che «linsegnamento orale racchiude tesori di saggezza
pratica e di poesia», ma che non si presta «né alla scienza, né alla storia, né alla
filosofia», con buona pace dei presidi e degli ispettori ministeriali.
Nellespressione orale è giusto e necessario «lasciare il posto
alleloquenza», che è sempre «leloquenza delle passioni». Ascoltare, in
senso profondo, significa seguire chi parla, cioè farsi suo discepolo e identificarsi con
quel messaggio. La parola, evocatrice e fantastica, trascina verso una comunicazione
profonda e schiude i sentieri della sequela: momento di grande delicatezza e
responsabilità, momento necessariamente e giustamente extrascolastico. Per questo si deve
seguire il Maestro (e non i maestri e tanto meno i professori).
La lezione, invece, è troppo spesso utilizzata in modo improprio: una via di mezzo tra la
predica e e le istruzioni per abbandonare la nave. «Una vera lezione non è quella che
fornisce un sapere pronto per luso, un sapere chiavi in mano, un sapere
che si potrebbe trovare tale e quale, e forse anche migliore, in un libro». Una vera
lezione è un dialogo, «una ricerca che si forma, che esita, che è titubante, che
germoglia, che può perfino incagliarsi», ma che risponde a domande, cioè che pensa.
Solo così i valori possono diventare uno strumento di crescita, anche nella scuola. Certo
i valori, pur nel circoscritto ambito educativo, si presentano con una sconcertante
molteplicità. Reboul, cercandone la fondazione, ha modo di distinguere i concreti dagli
astratti, i morali dagli intellettuali e dagli estetici; tuttavia, ciò che appare più
convincente è il lavoro di applicazione chiarificatrice chegli conduce nella
seconda e nella terza parte dellopera.
Riflettendo su alcuni tratti fondamentali del processo formativo nella nostra cultura,
egli delinea le strutture dellautonomia, della maturità, del giudizio, del
linguaggio simbolico, del sacro. Lo sforzo di coniugare universalità e libertà, fede e
tolleranza rende concretamente attuabile una formazione autonoma e consapevole, lontana da
ogni indottrinamento e da ogni tentazione settaria e integralista.
Laffermazione della centralità del sacrificio lungo tutto il processo costitutivo
di questi valori sottolinea, infine, il carattere severo e radicato di
uninterpretazione del mondo veramente adulta.
Non cè educazione senza valori, non cè valore senza sacrificio.
Gian Maria Zanoni
Riprese e prospettive
Presentazione delledizione italiana
Il volume di Olivier Réboul costituisce sicuramente, per la sua robustezza di contenuto e
la sua unità di impianto, un apporto di notevole livello ed importanza agli studi sul
problema dei valori nelleducazione [1], tale
da non avere bisogno né di aggiunte né di integrazioni intese a colmarne qualche
possibile lacuna. E non è nemmeno il caso di proporre un qualche tipo di parafrasi o di
chiarificazione preliminare semplificativa.
È però possibile crediamo riprendere utilmente anche in questa sede una
linea di analisi della questione che allapproccio di Réboul ne accosti un altro,
rivolto alla considerazione di aspetti meno filosofici e più
pedagogici nel senso operativo e professionale del problema.
Nel 1975, alla conclusione della sua sorvegliatissima analisi della pedagogia del
nostro secolo, Guy Avanzini usava la dizione «finalità introvabili» per qualificare il
punto di arrivo allora intravedibile. Daltronde, rifletteva «una fede
è indispensabile per lemergere e laffermarsi di una vera dinamica educativa;
ma precisamente la sua assenza o, più globalmente, la perdita delle finalità sono la
principale ragione della crisi contemporanea della scuola come dellinsieme delle
istanze formative, che sembrano sapere sempre meno dove vogliono arrivare» [2]. Chiuso larco di due decenni da allora,
possiamo constatare per lo meno lemergere di alcuni elementi di riflessione che
indicano laffermarsi di una diversa consapevolezza rispetto allindifferenza
presso che totale appena richiamata. In primo luogo, non appare più accettabile la
carenza di formazione etica denunciata dai «livelli standard di comportamento nella vita
sia privata che pubblica», che denotano con la massima evidenza un «difetto di
acculturazione alla vita emotiva delluomo contemporaneo» ed il possesso di un
bagaglio di consapevolezze etiche di base «troppo ridotto rispetto a quanto richiederebbe
la convivenza» [3]. A questo si può accostare la
mutata concezione dei rapporti fra norme e strutture sociali allinterno degli stessi
approcci sociologici, per i quali «sia una concezione troppo rigida e
letterale di norme e valori sia una che non pone limiti alla loro
interpretabilità impediscono [...] di riformare istituzioni e pratiche sociali che da
queste norme sono legittimate e di ridefinire gli stessi ordini di priorità di valori e
giudizi morali che delimitano lambito di ammissibilità di azioni e comportamenti» [4].
Si tratta, infine, di una revisione complessiva della relazione fra stabilità e
mutamento, fra tradizione e novità, nella quale, oltre al criterio dellaccoglimento
del nuovo, riveste un ruolo determinante anche il principio della fedeltà al passato in
una regola di sostanziale continuità interpretativa. «Per mantenere la fedeltà
avverte G. Cottier , bisogna innovare ritrovando la primitiva ispirazione. In tal
modo leredità può essere ricevuta in modo autentico e la ripresa creativa si
accompagna alla capacità di assimilare il nuovo» [5].
Per diversi sentieri, dunque, si riaffaccia la coscienza che di un sistema di valori
inteso come «un insieme di ideali capaci, se realizzati, di permettere la piena
attuazione della nostra umanità» [6] non
si può fare a meno. Tanto più quando si educa.
Occorre anche vedere, però, se si dispone o meno di indicazioni specifiche non tanto
sul valore come tale quanto sugli immediati e circoscritti valori
ai quali indirizzare le scelte e lazione nel concreto delle situazioni formative.
Una volta accettata lesigenza, quindi, a cosa puntare?
Ci avvaliamo dapprima di un riferimento documentativo di tipo internazionale e riprendiamo
poi quello che appare essere il più ricorrente messaggio propositivo della saggistica che
può essere più direttamente ricollegata al lavoro di Reboul.
Nel 1987 il Club di Roma ha fatto conoscere un Rapporto preparato da B. Schneider, sul
ruolo dei valori morali nelleducazione (In Search of a Wisdom for the World. The
Role of Ethical Values in Education), che ha avuto un influsso molto efficace
nellorientare lattenzione sul problema da parte degli organismi culturali e
delle associazioni internazionali di interesse pedagogico. Il tema dei valori viene
prospettato sullo sfondo dei fondamentali problemi ai quali lumanità si trova
esposta: la possibilità dellautodistruzione, lingegneria genetica,
lapplicazione estensiva della tecnologia, il disorientamento dellopinione
scientifica, la crisi della famiglia, lesplosione della disoccupazione. Tutto questo
richiede che i vari mondi dellesperienza quello della realtà
oggettiva, quello delle emozioni, quello delle rappresentazioni, così come i sistemi ed i
canali di comunicazione, siano profondamente rivisti secondo un sistema di valori etici e
morali che vedono il loro perno nella dimensione educativa.
La lista non è certamente povera:
rispetto per le diversità culturali
protezione del patrimonio e delleredità genetica
difesa della qualità dellambiente
prevenzione degli effetti a lungo termine del cambiamento climatico
trasformazione della competizione in emulazione e sublimazione del conflitto
diritto al lavoro
Appare evidente, in sostanza, che «valori come la sopravvivenza dellumanità, il
primato e la protezione della vita umana, la conservazione della natura, la dignità della
natura umana, la giustizia, la libertà e luguaglianza formano già un nucleo sul
quale si è formato un consenso universale fra i popoli ma non fra i governi». Inoltre,
esiste «la tendenza a confondere i valori etici, presentati come obiettivi, con i mezzi e
i comportamenti necessari per conseguirli: solidarietà, aiuto reciproco, sviluppo
socioeconomico, sradicamento della povertà e della miseria umana, flessibilità,
innovazione, creatività, responsabilità e fiducia in se stessi». La condizione per il
conseguimento voluto è di vivere «in un clima di onestà, democrazia e partecipazione».
Al centro del nuovo sistema, infine, riposano alcune assunzioni generali sugli esseri
umani:
sono parte integrante della natura: se la distruggono distruggono se stessi;
formano una famiglia estesa in cui ogni membro ha delle responsabilità rispetto a
tutti gli altri;
hanno la capacità di porre la ragione alla base delle loro azioni e di anticiparne
le conseguenze;
portano la responsabilità del loro stesso futuro.
Ci pare che i termini di questo universalismo etico internazionale siano essenzialmente i
medesimi con i quali concordano le posizioni espresse, per esempio, da chi sottolinea la
necessità di unetica planetaria che ponga al centro i valori della pace e del
rispetto della vita [7] e da chi attribuisce
alleducazione morale il compito di formare l«abitudine a gestire insieme i
problemi della convivenza» [8].
In termini più approfonditi, però, appaiono decisive, in realtà, le istanze del
pluralismo e del dialogo, che richiedono la «promozione di abitudini al confronto
condotto secondo modalità di autoespressione e di attenzione allaltro» [9].
Ed è appunto questa la strada sulla quale si pone Réboul stesso quando sposta da un
referente esterno ad uno interno laccento della ricerca delluniversalità dei
valori.
«Una verità egli dice , un valore non è universale perché è accettato su
scala mondiale o perché ha trionfato in sondaggi o referendum. Luniversale è di
tipo diverso... Luniversale è... ciò che ciascuno può trovare in se stesso, e che
dunque lo rende libero... In breve: un valore, come una verità scientifica, può essere
universale senza richiedere per questo laccordo unanime di tutti gli uomini». Il
riferimento va radicalmente trasferito dal campo socio-comportamentale a quello
linguistico, dove è possibile trovare il modello di una varietà inesauribile, ma anche
lesistenza di invarianti e unaltrettanto inesauribile possibilità di
traduzione da una lingua a unaltra. «È lo stesso afferma per
leducazione. Certo, i suoi saperi e i suoi valori variano da una cultura
allaltra; ma si possono dire due cose. Da una parte, luomo è sempre e
dappertutto il prodotto di uneducazione. E, daltra parte, i saperi e i valori
di essa sono sempre comprensibili, se non ammissibili. Si può allora riassumere in una
parola ciò che la nostra cultura include di Universale: lincontro, la possibilità
di comunicare» [10].
Il valore del dialogo, quindi, come contenuto.
Non è possibile occuparsi di educazione ai valori senza dedicare una sufficiente
attenzione al problema della scuola. Ci soffermiamo su due aspetti: se la scuola sia e
debba essere un luogo di educazione ai valori e quali siano le forme più specifiche di
questo apprendimento. La prima questione attraversa praticamente tutto il dibattito
moderno sulla scuola e ha conosciuto una prima tipica soluzione nella negazione della
«pretesa di riprodurre e riattivare i valori tramite il sistema di istruzione» [11]. Ora, è proprio la reazione contro questa
pretesa che sembra caratterizzare come vedremo riprendendo diversi interventi
il momento attuale.
Una brillante analisi critica di J.-C. Forquin, per esempio, ha preso di mira la ricerca,
soprattutto angloamericana, di matrice microsociologica, che si basa sullassunto del
relativismo storico-culturale, secondo il quale è impossibile giustificare in ordine a
criteri assoluti il carattere cogente e preferenziale dei contenuti curricolari. Il
curricolo, infatti, è il risultato di mutevoli e sempre cangianti pressioni sociali e, di
conseguenza, il riflesso di esigenze e interessi parziali volta a volta dominanti [12].
Forquin fa notare, di contro, che qualsiasi progetto educativo e didattico richiede
ladesione a una più o meno esplicita immagine normativa e ideale delluomo;
inoltre, quando si educa e si insegna, si ammette lesigenza di iniziare i bambini e
i giovani a forme di vita ritenute degne di preferenza e a contenuti che vengono in
qualche modo ritenuti più validi di altri: è chiaro, allora, che un approccio puramente
relativistico, che considera inevitabilmente ingiustificabile e arbitrario qualsiasi
giudizio di valore, non risulta adeguato. Più ancora, la questione del valore è
intrinseca allesigenza stessa di legittimazione di qualsiasi proposta, per cui
«ogni insegnamento si effettua in base al suo proprio valore... Insegnare non vuoi dire
soltanto dare un sapere, la capacità di riflettere, la capacità di pensare, magari anche
di dubitare, ma è anche, in ogni caso, compreso quello del dubbio, dare la capacità di
credere. Bisogna imparare la lezione, ma per farlo occorre credere che quello che ci viene
insegnato sia vero, che le maniere di riflettere e di pensare che ci sono proposte non
siano degli inganni o degli impacci e che lesercizio stesso del dubbio e dello
spirito critico si appoggi su una esigenza o una speranza di verità» [13].
Su binari diversi, ma con altrettanta convinzione, si muove la ricerca di J. Houssaye
intorno alla scuola come forma educativa ideale nella cultura della
secolarizzazione [14], nella quale si afferma che,
lungi dallescludere i valori dalla scuola, è invece il caso di considerarli come
sua funzione e «missione», che si staglia nello spazio aperto fra i due estremi
dellindottrinamento («volontà di educazione totale») da una parte e della
astensione («illusione della neutralità pedagogica») dallaltra. Il fondamento è
dato, allora, da una nuova e diversa accezione della laicità, intesa non come astensione
ma come «rispetto», di conseguenza, essa «non deve più essere neutralista e
rivendicativa, ma riflessiva, cioè permettere e coniugare insieme le prese di posizione,
la tolleranza e lanalisi critica» [15]. Il
pluralismo (assunto come «fatto», come «diritto», come «base» e come «mezzo»)
diventa nuovamente il perno decisivo e il criterio di misura, rispetto al quale la scuola,
poiché «la sua funzione educativa riposa nello stesso movimento di manifestazione e di
appropriazione di valori universali attraverso il risveglio della riflessione personale»,
non deve «accontentarsi» ma rendersi conto di aver «a che fare con una messa in
tensione e non con una semplice constatazione» [16].
Il CIDREE (Consortium of Institutions for Development and Research in Education in
Europe) ha promosso una significativa serie di confronti e di documentazioni sul rapporto
fra scuola e valori, le cui indicazioni si connettono, per un verso, a quelle
dellumanesimo etico internazionale del quale abbiamo parlato in
precedenza e, per un altro, guardano alle considerazioni antirelativistiche della critica
curricolare.
«Quando educhiamo o insegnamo si dice comunichiamo valori. Lesistenza
stessa di una scuola o di una struttura sistematizzata di istruzione è una affermazione
di valore, che dimostra la nostra fede che è necessario e doveroso insegnare ai nostri
giovani ad apprendere» [17]. Ciò detto, si
aprono però due strade. La prima tende a considerare la componente dei valori implicata
soprattutto nelle dimensioni ambientali e contestuali, proprie dellazione formativa
indiretta piuttosto che dellopera di istruzione come tale: è la tesi del primato
etico del curricolo nascosto su quello formale ed esplicito [18]; la seconda, invece, sostiene che anche
lapprendimento dei valori deve e può essere incluso nelle tavole
curricolari e che esso può venire collegato a tutti i piani e a tutte le dimensioni del
curricolo [19]. La prima pista appare più diffusa
nella cultura pedagogica europea, mentre la seconda risulta chiaramente prevalente in
quella americana. Seguiamola.
Le condizioni alle quali un itinerario formativo inerente ai valori risulta efficace sono
identificate da H.A. Thelen nella autenticità (impegno volontario e spontaneo,
motivazione rilevante), nella legittimazione (esistenza di una struttura di riferimento
definita, organizzata e coerente) e nella produttività (facilitazione della interazione
reciproca fra i soggetti) [20].
Si tratta di qualificazioni che rappresentano con valida capacità sintetica questa linea
educativa, alla quale si connette poi laggancio alla tradizione imperniata sulla
formazione del giudizio morale, volta a valorizzare al massimo le risorse di carattere
cognitivo in quanto strategie capaci di mettere in grado lo studente di arrivare ad
«apprendere larte di distinguere i principi (che ci dicono in modo generale quello
che dobbiamo fare o non fare) dalle prospettive (che caratterizzano il mondo così da
condurci a un modo organizzato di interpretarlo) e dai fatti (che ci danno una
informazione specifica o una occasione di esprimere un particolare giudizio morale)»
[21].
LASCD (Association for Supervision and Curriculum Development) ha riassunto in un
documento orientativo [22] un gruppo di Raccomandazioni circa
leducazione morale nella scuola:
leducazione morale deve costituire una grande forza unificante del curricolo;
tutte le forze educative devono raccogliersi attorno alla scuola e supportarla nel
suo lavoro di formazione morale;
le scuole devono insegnare letica della giustizia, dellaltruismo, della
diligenza, del rispetto della dignità delluomo e le fonti ultime della moralità,
inclusa la religione;
leducazione morale non deve limitarsi ai soli aspetti intellettuali ma
estendersi allapprezzamento del bene ed alla sua messa in pratica;
leducazione morale deve comprendere, per i più pic- coli,
lacquisizione di corrette strutture di comportamento e, per i più grandi, la
formazione al pensiero critico e alla assunzione di decisioni;
gli educatori devono valutare se il loro ambiente di lavoro è sempre consono alla
crescita morale;
le scuole devono fare precise richieste agli educatori circa leducazione
morale e valutare il loro apporto al riguardo;
occorre prestare più attenzione alleducazione morale sia nella preparazione
iniziale che in quella in servizio.
Lo sviluppo didattico prende usualmente la forma di esercizi relativi
allacquisizione di macro e micro strategie di giudizio (e di comportamento) morale
sul piano cognitivo, affettivo e comportamentale. Il punto assolutamente centrale, a ogni
modo, è costituito come si sarà già avvertito dal rifiuto
dellindottrinamento a favore dellappropriazione attiva e personale del
soggetto. Non è possibile trascurare, nel quadro dellelaborazione pedagogica,
quella che Cottier definisce come «la va lenza personale dei valori» [23], cioè «la presenza di autentiche personalità,
responsabili, coerenti, nella fedeltà ai valori fondamentali di cui vive la cultura e,
con essa, la società» [24]. I valori, infatti,
data la loro natura spirituale trascendente, «non si impongono da sé, ma devono essere
vitalmente accolti... a prezzo di una lotta interiore contro tutte le pulsioni
dellodio, dellegoismo e dellaggressività che abitano in noi» [25]. Litinerario formativo consiste, quindi,
in uno «sforzo di appropriazione» [26] mediante
il quale la persona, «attraverso un cammino che essa sola può compiere e che è
interamente suo, faccia propri questi valori e li interiorizzi» nel senso di
«unaccoglienza e unassimilazione che siano pure esse di ordine spirituale,
ossia che si realizzino nellimmanenza dello spirito» [27].
Il percorso che abbiamo condotto ci ha portato a inviduare, in definitiva, quelli che
rimangono i due elementi costitutivi di realizzazione delleducazione ai valori: da
una parte gli esempi e dallaltra i processi [28].
Nel primo caso, entrano in gioco le dinamiche della modellizzazione (instaurazione di
comportamenti) e nellaltro si delineano i tracciati e le vie
dellinteriorizzazione. Separarne le potenzialità e i motivi significa comunque
evadere il compito.
Si tratta di ricordare, infine, che un valore è sempre connesso alla mediazione della
coscienza, e quindi a un giudizio, e che nessun valore lascia inerte la coscienza stessa,
ma la provoca e la modifica.
Cesare Scurati
pedagogista
note:
[1]
La produzione pedagogica italiana presenta diversi lavori specificatamente rilevanti sullargomento. Cf AA.Vv., Leducazione etico-politica. Atti del XXll Convegno di Scholè, La Scuola, Brescia 1984; N. Galli (a cura di), Quali valori nella scuola di stato, La Scuola, Brescia 1989; L. Santelli (a cura di), Bisogno di valori, La Scuola, Brescia 1981; G. DALLE FRATTE (a cura di), Fine e valore, Armando, Roma 1992. Importante per la sua portata generale è stato: D. SLOAN (a cura di), Education and Values, Teachers Coli. P., New York 1980.